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Il più grande jukebox al mondo

  09 Novembre 2021

La trasmissione della memoria nell’Archivio Storico della Canzone Napoletana 

Dimenticare il passato è un errore direttamente connesso alla mancanza di futuro. I segnali d’allarme si moltiplicano, la perdita di memoria collettiva è il preludio dell’ignoranza della nostra storia, la distruzione della cultura si manifesta con una sorta di presente permanente. 

Diventa necessario chiederci cosa possiamo fare per rimediare a tutto questo facendo una riflessione sul ruolo della memoria e sulla storia delle nostre tradizioni. Prendiamo come spunto la produzione musicale napoletana, essa rappresenta per la città di Napoli un significativo patrimonio culturale e artistico di particolare interesse, da promuovere e salvaguardare sia sul piano nazionale che internazionale. 

Per sostenere la candidatura di questa città come simbolo nel mondo della musica italiana bisogna saltare dalla leggenda alla storia ed arrivare al 1200 quando a Napoli regnava Federico II di Svevia, il sovrano circondava la sua corte di giullari e menestrelli che allietavano i suoi lauti banchetti. Egli trovava piacere anche ad invitare trovatori e suonatori orientali con i loro strumenti esotici e questi portavano dalle loro terre lontane suoni che si fondevano nelle sonorità tradizionali della città. Queste radici, nel tempo trasformate e raffinate, hanno portato alla nascita della grande canzone napoletana. 

Nel 1999 La RAI di Napoli, sostenuta dalla Regione Campania, dalla Provincia e dal Comune realizzò l’Archivio Storico della Canzone Napoletana che aveva come fine la raccolta, la documentazione e la digitalizzazione di tutto quanto veniva annoverato come produzione musicale del repertorio canoro partenopeo, dai classici alle nuove tendenze. 

Un obiettivo ambizioso e necessario, ma soprattutto sconfinato visto il grande panorama musicale che va da Enrico Caruso a Clementino passando per le interpretazioni dei tanti artisti internazionali che si sono cimentati con la canzone napoletana come Elvis Presley, Charles Aznavour, Caetano Veloso ed altri. 

Con oltre vent’anni di lavoro si è costituito un repertorio con decine di migliaia di brani sviluppato attraverso la ricognizione nelle teche della stessa azienda dove sono state rinvenute migliaia di registrazioni di programmi televisivi e radiofonici, si sono aggiunte poi registrazioni rare fornite dai collezionisti che da tutto il mondo hanno collaborato, oltre alle case discografiche, etichette e editori che hanno donato all’archivio i loro repertori napoletani. 

Ora Napoli possiede il più grande jukebox del mondo che speriamo servirà, quando sarà aperto al pubblico, a far conoscere uno dei patrimoni musicali più importanti e famosi al mondo, diventando potenzialmente, un riferimento per studiosi ed appassionati del settore. 

La canzone napoletana è conosciuta in tutto il mondo, non c’è paese che nel proprio teatro lirico non abbia udito le note de ‘O sole mio, la penisola sorrentina ha avuto una pubblicità sconfinata con la famosa Torna a Surriento, tutte le bellezze della città sono state cantate nei versi dei poeti che raccontavano Napoli nelle loro canzoni. Quale città sul nostro pianeta ha mai avuto un piano promozionale così vasto e significativo? Ciò dimostra quanto è importante e che valore, culturale, storico e sociale, può avere una semplice canzone. 

Pensiamo alle 18 edizioni del Festival di Napoli, la competizione musicale più antica d’Italia, pare che la prima edizione è datata 1932 e si svolse proprio a Sanremo, città del più famoso Festival della canzone italiana. Al Festival di Napoli parteciparono tutti cantanti napoletani spesso affiancati da big nazionali come Claudio Villa, Johnny Dorelli, Giorgio Gaber, Ornella Vanoni, Nilla Pizzi, Teddy Reno, Iva Zanicchi e tanti altri che consolidavano la loro popolarità proprio inserendo nel loro repertorio uno o più brani napoletani. Non dimentichiamo la Piedigrotta, altra manifestazione musicale napoletana anch’essa tesa a lanciare nuove canzoni. 

L’esempio dell’Archivio storico della canzone napoletana potrebbe valere come invito a realizzare delle banche della memoria sempre più ricche e capaci di servire le richieste di quanti adorano o si servono della storia per costruire il futuro. 

 

di Bob Lovano

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