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Il coraggio delle visioni

  07 Ottobre 2021

Dodici Magazine si è interrogato sui punti principali della riforma della giustizia e ha raccolto il parere di Vincenzo Maria Siniscalchi, noto penalista napoletano 

La Riforma della Giustizia prevista dal PNRR si pone l’obiettivo di velocizzare le tempistiche della giustizia per allinearle agli standard dell’Unione Europea. L’Italia è infatti fanalino di coda in quanto ai tempi dei processi. Non a caso l’inserimento della riforma della giustizia nel PNRR è stato infatti richiesto anche dall’UE. Il dato positivo è che si sia riusciti, seppur dopo aver votato due volte la fiducia, a rispettare il timing scandito dal Presidente del Consiglio Mario Draghi e dal ministro della Giustizia Marta Cartabia, ovvero ottenere entro l’estate il consenso almeno di un ramo del Parlamento. Le principali novità che andranno a modificare la macchina della giustizia italiana riguardano la prescrizione, il patteggiamento e le udienze preliminari. In merito alla prescrizione la riforma prevede lo stop dopo la sentenza di primo grado, sia che essa preveda la condanna o l’assoluzione. Per i gradi successivi, invece, verrà introdotta l’improcedibilità dopo un determinato periodo di tempo. In poche parole il processo si chiuderà dopo due anni nel caso in cui si tratti di un processo d’Appello, oppure dopo un anno per la Cassazione. Queste tempistiche per i primi tre anni di applicazione della riforma saranno estese per un ulteriore anno nel processo d’Appello e di ulteriori sei mesi per la Cassazione.  

Per quanto riguarda il patteggiamento, per evitare processi per i reati minimi, si delega il Governo ad estendere l’ambito di applicazione della causa di non punibilità a tutti i reati puniti con pena non superiore a due anni. Parallelamente le udienze preliminari verranno limitate ai reati di particolare gravità e verranno estesi gli ambiti di citazione diretta a giudizio, ovvero il giudice dovrà pronunciare sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti non consentano una “ragionevole previsione di condanna”.  

Modifiche anche per ciò che concerne le pene sostitutive. Sarà infatti competenza del giudice poter optare per pene sostitutive, quali detenzione domiciliare, semilibertà, lavoro di pubblica utilità e pena pecuniaria, che attualmente sono invece di competenza del Tribunale di sorveglianza.  

Parte fondamentale della riforma riguarderà la digitalizzazione. Per rendere più veloce la giustizia penale, un emendamento delega il Governo ad intervenire attraverso un maggior uso di applicativi informatici. In particolare, è prevista la possibilità di depositare atti e notifiche per via telematica. In questa ottica sono in arrivo i bandi per nuove assunzioni (a tempo determinato fino al 2026) per l’Ufficio per il processo, effettuate previo concorso articolato su prova scritta e valutazione dei titoli.  

La Riforma della Giustizia è certamente un argomento spinoso e di non facile dipanatura. Noi di Dodici Magazine ci siamo interrogati sui punti principali della riforma ed abbiamo raccolto il parere dell’avv. Vincenzo Maria Siniscalchi, penalista napoletano che nel corso della sua lunga carriera ha ricoperto il ruolo di Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli, nonché uomo politico eletto alla Camera dei Deputati nella XII, XIII e XIV legislatura. 

Avvocato, a suo parere, quali sono le principali criticità della riforma?  

«A fronte della criticità massima rappresentata dal dramma dei processi eterni va fatto un passo indietro. Certamente bisogna verificare che l’intero sistema riformato funzioni. È difficile, oggettivamente, che la riforma non apporti migliorie all’attuale sistema giudiziario, soprattutto perché si prospetta un’opera di contenimento dell’attuale elefantiasi temporale dei procedimenti. Con l’istituzione dell’Ufficio di processo si provvederà al reclutamento di unità di lavoro che verranno assegnate ai magistrati per velocizzare l’iter processuale. In verità c’è chi teme che la velocità possa essere pregiudizievole per la qualità del processo. Ma, a mio parere, la qualità verrà garantita sia dall’Ufficio del processo che dall’impiego della digitalizzazione». 

La riforma Cartabia si è soffermata sulla prescrizione introducendo il concetto di improcedibilità. Lei cosa pensa a riguardo? 

«La riforma va a soppiantare la legge Bonafede che congela la prescrizione del reato dopo il primo grado di giudizio. Il nuovo meccanismo mantiene invece la prescrizione solo fino al primo grado, poi subentra l’improcedibilità. Uno dei fini principali della riforma è l’effettiva riduzione dei tempi processuali. Del resto questa è stata la richiesta all’Italia da parte della Commissione Europea per avere accesso ai fondi del Recovery Plan. L’obiettivo era perseguibile o attraverso criteri drastici, come ad esempio una prescrizione automatica che avrebbe però ridotto il tutto ad una mera dimensione temporale, oppure adottando un criterio che introducesse il concetto di tempo ragionevole. Dopo la prima sentenza è necessario che scatti l’improcedibilità perché un processo eterno va contro la stessa costituzionalità». 

 

di Aurora Rennella

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