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EY Digital Infrastructure Index. Napoli nella top 20 delle città virtuose

  30 Aprile 2021

Il report analizza quanto i capoluoghi italiani siano pronti a ripartire e a ritornare alla “nuova normalità” delle città

I Bel Paese procede ancora molto lentamente verso la digitalizzazione, a dirlo è il nuovo report “EY Digital Infrastructure Index” che analizza il livello di efficienza e maturità delle infrastrutture digitali delle 107 province italiane. Il report ha evidenziato come il fenomeno della “sofferenza digitale” sia uniformemente distribuito sul territorio nazionale e non solo al Sud. Come si legge nel rapporto, infatti, sarebbero Sardegna, Sicilia, Calabria le regioni del Meridione maggiormente interessate dal fenomeno, mentre al Nord, Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia, e al Centro bassa Toscana, Lazio (al di fuori di Roma), Marche e Abruzzo.

Eccezioni virtuose sono le città di Napoli, Genova, Milano, Roma, Bologna, Torino, Firenze, che si posizionano nella top 20 delle città con un maggior tasso di industrializzazione digitale.

Anche nel 2020, tuttavia, l’indicatore DESI (Digital Economy and Society Index) ha confermato un impatto significativo del ritardo digitale delle imprese italiane sul progetto di rilancio economico nazionale. Un dato certamente influenzato dalla pandemia, che pone l’Italia di fronte alla sfida di una necessaria modernizzazione per superare lo scarto con gli altri paesi Europei e puntare alla rinascita tecnologica delle imprese in un’ottica 4.0.

L’Italia, infatti, occupa ancora le ultime posizioni nella classifica degli stati digitalmente più competenti, nonostante il posizionamento digitale del Paese sia cresciuto notevolmente negli ultimi cinque anni (+46% vs +35% della media Eu). Rimangono tuttavia alcuni settori lacunosi tra cui l’utilizzo dei servizi Internet da parte dei cittadini (26° sui 28), l’integrazione delle tecnologie digi- tali all’interno delle imprese (22° sui 28) e l’Human Capital/Digital skill per la trasformazione digitale (28° su 28).

Basandosi su 30 indicatori divisi in 3 categorie (Connettività fissa, Connettività mobile e wi-fi, Tecnologie IoT), l’analisi di EY si focalizza sia sulle tecnologie già affermate in passato (ADSL, LTE), che su quelle di recente acquisizione (FTTH, 5G), pesando la diffusione delle infrastrutture TLC e broadband e il grado di digitalizzazione delle altre infrastrutture presenti su un territorio.

Il report evidenzia una sostanziale resistenza delle filiere produttive italiane all’infrastrutturazione digitale, con particolare ritardo delle aree rurali e dei business ad esse connessi come l’Agrifood e il Retail Food. Al contrario i settori più infstrutturati Technology&Telco, Media&Entertainment, Farmaceutico e Dispositivi Medici sono anche quelli che meglio hanno resistito alle conseguenze economiche della pandemia. Come ha evidenziato Andrea d’Acunto (EY Med Telco, Media & Technology Leader): «È ormai assodato che l’Italia per il rilancio economico debba accelerare sulla digitalizzazione, a partire dagli investimenti sulle infrastrutture digitali, che non si limitano solo a Banda Ultralarga e 5G, ma devono comprendere anche cloud computing, reti IoT e sensoristica. L’accelerazione deve avvenire sulla base dei business needs delle imprese, con una definizione delle priorità che metta in relazione la localizzazione del sistema produttivo italiano con la dif- fusione delle infrastrutture digitali sul territorio. Parte del supporto economico agli investimenti digitali necessari ai territori, che si trovano oggi in una condizione di gap infrastrutturale, può venire dal Recovery Fund e dal Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza, con le opportune differenze: nel caso delle PMI per la modernizzazione dell’impresa, nel caso delle aziende più grandi per costruire o rafforzare l’ecosistema di filiera». In un’Italia ancora disomogenea nella modernizzazione delle filiere produttive le nuove tecnologie si dimostrano essenziali per la crescita economica, adesso più che mai. La cultura tecnologica e delle conoscenze digitali è entrata nella nostra routine, dato il confronto in taluni casi obbligato con lo smatworking e la didattica a distanza. Adesso è necessario che le nuove competenze e skills digitali siano prestate al mondo dell’impresa.

di Silvia Barbato

 

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