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I musei di Napoli guardano al futuro

  16 Gennaio 2021

Kathryn Weir, Sylvain Bellenger e Paolo Giulierini raccontano risultati e progetti per il prossimo anno

Le condizioni per guardare al futuro ci sono tutte, i musei cittadini lavorano con un intento comune: non essere solo le case della cultura e dell’educazione, ma essere soggetti attivi della politica sociale ed economica della città. Il nostro patrimonio artistico è tale da poter interessare il mondo intero. La piattaforma digitale è in corso di preparazione e servirà per tutte le attività in campo artistico.

Verso il primato mondiale dell’Archeologia classica Paolo Giulierini direttore del MANN.

Direttore, in questo momento di chiusura dei musei come mantiene il contatto con i fruitori?

«Stiamo agendo su due versanti: da una parte una campagna digitale molto importante che permette di tenere alta l’attenzione sul museo e a brevissimo il nuovo sito Internet. Poi la programmazione importante che riguarda le grandi tappe del 2021: l’apertura della Collezione della statuaria campana, il raddoppio delle Collezioni Pompeiane e l’apertura della Sezione Tecnologica pompeiana. Il terzo giardino, Il ristorante. Per la seconda metà del 2021, grazie a nuovi rapporti intrapresi tra Occidente e Oriente, ripartiranno le grandi mostre del MANN negli Stati Uniti, Hong Kong, Asia e Giappone. Le mostre non saranno solo fisiche, l’esperienza del Covid ci ha insegnato a cautelarci quindi in parallelo stiamo sviluppando anche delle mostre digitali veicolate in quei luoghi in cui il Covid imperversa o dove si voglia tentare un taglio diverso cioè della visita virtuale».

La triade MANN, Università degli Studi di Napoli ed Invitalia rappresentano un partenariato pubblico finalizzato al sostegno delle imprese culturali. Cosa possiamo augurarci?

«Ci possiamo augurare che il ruolo dei musei nel XXI secolo muti ulteriormente e che non siano solo la casa della cultura e dell’educazione, ma siano soggetti attivi della politica economica della città. Noi stiamo creando le precondizioni per orientare (con Invitalia, Università e MANN) i giovani che dopo aver studiato vogliono lavorare nella gestione dei beni culturali. Il MANN è soprattutto affianco dei quartieri che gli gravitano attorno, Stella, Sanità e Forcella».

Un quartiere della cultura attorno al MANN. Direttore, cosa possiamo immaginare per il futuro?

«Noi abbiamo disegnato una grande isola dei musei, grazie al dipartimento di Architettura di Napoli e di Roma Tre, sul modello di Berlino. Un collegamento cittadino che parte da Largo Colosimo, MANN, Galleria Principe, Accademia di Belle Arti e arriva al Conservatorio San Pietro a Majella, l’“Asse del quartiere della cultura”. L’isola della cultura assomma tutte le identità del quartiere attorno ad essa graviteranno reti di soggetti quali: “Amici del Museo”, “Negozi Amici” e “Siti Extra Mann” che erogheranno servizi di qualità, parlando la stessa lingua del museo e che saranno un tutt’uno con il quartiere. Se riusciamo in questa operazione di elevazione dei servizi, ma anche di sentimento d’orgoglio, possiamo fare un piccolo miracolo».

“Un segreto ben custodito” Sylvain Bellenger, direttore del Museo e del Bosco di Capodimonte

La sua, Direttore, è stata una piccola rivoluzione, è riuscito a dare a Capodimonte un giusto respiro internazionale grazie alla sua capacità organizzativa e creativa. Come lei ha più volte dichiarato, si tratta di “un tesoro ancora ben nascosto e poco conosciuto”?

«Rispondo premettendo che mi sento ormai un francese-napoletano. Credo che la riunificazione sotto una sola gestione amministrativa del Museo e del Real Bosco, prima affidate a due distinte Sovrintendenze, sia stata la vera grande chance offerta dalla riforma Franceschini. Questo mi ha permesso di avere una visione unica e unitaria sull’intero sito e di lavorare, con tutto il mio staff, alla costruzione di un vero e proprio campus multidiscilplinare in cui far convivere l’arte, la musica, la fotografia, la ricerca, la digitalizzazione, la botanica, lo sport e il tempo libero».

Nel suo mandato ha identificato 4 principali missioni: la tutela del patrimonio artistico, la piena digitalizzazione, il valore ecologico del prezioso bosco, il grande valore sociale per Napoli. A che punto siamo?

«Direi che stiamo lavorando alacremente in tutte le direzioni. La tutela e la digitalizzazione del patrimonio di Capodimonte vanno di pari passo e sono finalizzate alla realizzazione di un catalogo digitale, liberamente consultabile sul web. Sono in corso, inoltre, i lavori di restauro e riqualificazione del Real Bosco di Capodimonte che lo stanno riportando alla sua regale bellezza».

Per il futuro ha un altro ambizioso progetto: la nascita di un Campus multidisciplinare che darà una specifica destinazione culturale a ciascuno dei 17 edifici di epoca borbonica presenti nel sito reale. Ce ne parla?

«Stiamo lavorando al Grande Progetto che trasformerà il museo e il bosco in campus culturale multidisciplinare in cui potranno convivere tutte le arti: pittura, scultura, fotografia, botanica, cinema, musica, video. Tutto questo passa attraverso un maestoso progetto di digitalizzazione di tutto il nostro patrimonio artistico per una fruizione il più possibile democratica».

“Napoli sempre più nel mondo” Kathryn Weir, direttrice artistica del museo Madre

A circa un anno dalla sua nomina, ha avuto modo di conoscere il contesto in cui opererà? Come lo può definire?

«Vertiginoso. Per uno straniero, Napoli può essere un vero rompicapo: ha tutte le contraddizioni e i paradossi di una città con una lunghissima storia, distrutta e ricostruita molte volte da mani diverse. Il sacro ha lo stile estetico del profano e viceversa, mentre la cultura “alta” non riesce a fare a meno di quella popolare, antagonista, anarchica. Le facciate di alcuni palazzi storici ricoperte di graffiti o murales possono, quasi da sole, essere lette come trattati storici, antropologici e socio-economici. Le tracce lasciate dalle varie epoche parlano di un ciclo di rinascita continua, in cui le arti hanno sempre avuto un ruolo centrale. L’arte a Napoli è sempre corale, non se ne può raccontare un aspetto senza tener presente il grande patrimonio storico, culturale e intellettuale che gli sta intorno».

Lei ha dichiarato: “Mettere in rete gli artisti di Napoli, ma soprattutto metterli in dialogo con il contesto internazionale è molto importante, questa città ha una storia importantissima di arte visiva e di tutte le arti”. Secondo lei Napoli e la Campania sono pronte per aprire una nuova pagina di crescita collettiva?

«Certo. Il Madre ha nella Regione Campania il suo riferimento, e con essa dialoga quasi quotidianamente sulle prospettive, sui progetti e sulla gestione del museo, il che comprende anche le attività legate alla “messa in rete”, appunto, del patrimonio culturale campano».

Una sua parola d’ordine è “Trasversalità” per un’Arte che sia messa in azione. In un periodo “sospeso”, come questo che stiamo vivendo, il Madre riuscirà a mettere in condizione gli artisti di intravedere un possibile futuro?

«Periodi storici come quello in cui stiamo vivendo presentano l’opportunità di ripensare alle dinamiche sociali e produttive su cui il mondo si è basato. I cambiamenti riguardano anche l’arte, nel modo in cui viene creata e presentata al pubblico. Riflettere sul rapporto fra l’essere umano e l’ecosistema – nell’accezione più ampia del termine – è una delle priorità di questo tempo. Nell’attesa della riapertura, il Madre continua a sostenere progetti che possono contribuire a ridefinire delle coordinate culturali ed etiche delle quali, oggi, c’è bisogno».

di Laura Bufano

 

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