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Un incontro con Marina Confalone

  27 Luglio 2021

Icona del teatro e del cinema napoletano, e non solo. Ha vinto i quattro riconoscimenti più prestigiosi del cinema italiano: il David di Donatello, il Ciack d’oro, il Nastro d’argento e il Premio Ubu  

Chi non ricorda la scena che la vedeva alle prese con la lavatrice in Così parò Bellavista di Luciano De Crescenzo, che i produttori volevano tagliare e che il regista-attore napoletano si batté come un leone per conservarla? E che dire delle sue mirabili interpretazioni in Parenti serpenti di Monicelli e nel corto Mr Rotpeter di Antonietta De Lillo, tratto da un racconto di Franz Kafka? 

A che età ha capito che voleva fare l’attrice? 

«I miei genitori sognavano che diventassi la moglie di un professionista. Ero una ragazzina chiusa, timida, introversa con delle difficoltà relazionali. I miei genitori mi iscrissero a una scuola di equitazione, poi a quella di tennis, ad un corso di ceramica e nel corpo di ballo del San Carlo ma, essendo anche un po’ grassottella, fui scartata. Quelle esperienze fallimentari finirono per avvilirmi, anche perché non erano delle mie scelte. Come ultimo tentativo i miei mi iscrissero ad una scuola di recitazione a Piazza Trieste e Trento, organizzata da alcuni dipendenti della Rai. Non volevo andarci. Al provino dissi che ero lì solo perché costretta dai miei. Gli allievi iniziarono a fare delle improvvisazioni e iniziai a ridere talmente che provai la sensazione di essermi sbloccata. Le lezioni si tenevano ogni giorno, tralasciai lo studio, fui bocciata a scuola e i miei mi costrinsero ad abbandonare i corsi di recitazione». 

Come ha proseguito la sua carriera? 

«Un signore voleva mettere su una compagnia amatoriale e, spulciando i nominativi degli allievi del corso di recitazione, mi chiese di partecipare. Accettai. Da quel giorno mio padre non mi parlò più, per diciotto anni, fino al giorno della sua morte e non credo mi abbia vista mai recitare». 

Ha iniziato a muovere i primi passi a teatro e ha lavorato anche con Eduardo De Filippo. 

«In verità ebbi quella parte ne Il coraggio del giovane pompiere perché venne a mancare il grande Nino Formicola. Eduardo modificò il copione, il personaggio maschile divenne femminile e io interpretai la baronessa Fanmm sta cca. Il debutto era al Della Pergola di Firenze. Ero emozionatissima, anche perché avevo solo una settimana di tempo per imparare le battute che ripetei per giorni e giorni. Quando fui sul palco azzardai un’improvvisazione, soltanto gestuale, che scatenò un balletto degli altri interpreti e degli applausi del pubblico divertito. Come è noto, Eduardo non amava le improvvisazioni, ma disse “Questa scena deve rimanere, ma gli attori non devono ballare”. Fu per me una sorta di consacrazione». 

Al cinema ha interpretato commedie di culto come Febbre da cavalloIncantesimo napoletano , Così parlò BellavistaIl mistero di Bellavista ma si è calata anche in ruoli drammatici come ne La seconda volta e La parola amore esiste e Il viso della speranza. Preferisce il registro comico o drammatico? 

«Sono grata per la vita a Luciano De Crescenzo per i ruoli che mi ha regalato. In realtà in quegli anni ero sfruttata al cinema come caratterista. Poi c’è stato l’incontro con Giuseppe Bertolucci che mi ha voluta nel suo Raccionepeccui, dove ho scoperto le mie potenzialità drammatiche. Da quel momento in poi i ruoli comici mi sono andati stretti, anche se in Blumunn, lo spettacolo che sarà in scena a novembre al Mercadante, sono ritornata, per certi aspetti al comico». 

Vuole parlarmi di questo spettacolo teatrale che ha scritto di suo pugno? 

«Blumunn è un piccolo spettacolo, con un percorso semplice, ma mi è costato un’enorme fatica. Volevo raccontare un momento difficile della mia vita professionale per indagare gli errori commessi, ma anche possibilmente per riderci sopra. È un regalo che mi sono fatta per divertirmi insieme al pubblico. Una volta tanto un personaggio che mi obbliga ad essere effervescente e piena di vita. Farà bene all’umore degli spettatori ed al mio. Il tema è il tempo della vita stessa, quello del rimpianto o quello di cambiare tutto, il tempo delle scelte, il tempo quando è finito». 

Si aspettava il successo travolgente della fiction Mina Settembre al fianco della travolgente Serena Rossi? 

«In quella fiction mi sono molto divertita a recitare il personaggio di Olga e ho riscoperto ancora una volta l’esercizio della comicità». 

È una delle attrici più premiate del cinema italiano. A quali film è legata? 

«Senza fare torto a nessun regista, non credo abbia trovato ancora il personaggio della mia vita. Sono certa che quello interpretato ne Il silenzio grande, per la regia di Alessandro Gassman, mi darà tante soddisfazioni». 

 

di Ignazio Senatore 

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