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Le malattie dermatologiche autoimmuni. Che fare?

  15 Gennaio 2021

Paola Vitiello, dermatologa dell’Azienda Ospedaliera “Luigi Vanvitelli”, spiega i casi in cui la nostra pelle ci segnala la presenza di una malattia autoimmune

Non vendo creme, vendo speranze», affermava un tempo, proditoriamente, Charles Revson, creatore della famosa casa di cosmetici Revlon. Ci sono però soggetti che si cospargono di creme ed unguenti, non per fermare l’inesorabile avanzare del tempo e/o mascherare così rughe o borse sotto gli occhi, ma perché affetti da qualche malattia dermatologica autoimmune. La malattia autoimmune si manifesta quando il sistema immunitario si attiva in modo anomalo e attacca le cellule sane invece di difenderle. Alla dottoressa Paola Vitiello, dermatologa della Azienda Ospedaliera “Luigi Vanvitelli” abbiamo posto alcune domande.

Quali sono le malattie dermatologiche autoimmuni più frequenti?

«Le patologie ambulatoriali che più frequentemente riscontriamo sono l’alopecia areata, le malattie del connettivo, come la dermatomiosite, il lupus, che è anche una malattia sistemica, la vitiligine, dove si evidenzia una perdita del pigmento cutaneo, e la psoriasi, malattia dall’origine ancora non specificatamente chiarita».

Che pensa delle formulazioni dello psicoanalista Didier Anzieu che, anni fa, nel suo volume “L’Io pelle”, sottolineava che i soggetti che sviluppavano queste malattie dermatologiche avevano avuto, sin nei primi mesi di vita, un’infanzia deprivata dalle carezze e dalle cure materne?

«Sicuramente i pazienti che afferiscono ai nostri ambulatori non di rado sono sottoposti a stress feroci e spesso presentano situazioni familiari problematiche come la perdita di un genitore, una separazione matrimoniale o un licenziamento. Questi fattori emotivi per esempio nel paziente con suscettibilità genetica per la psoriasi o per l’alopecia areata agiscono come fattori scatenanti la malattia. La psoriasi ha in circa un terzo dei casi un’insorgenza pediatrica, però è spesso associata a un’infezione streptococcica delle prime vie respiratorie. Per le altre malattie le frequenze sono variabili. Per la vitiligine, ad esempio, la metà dei casi ha esordio in età infantile».

Quali strumenti hanno i dermatologi per sconfiggere queste malattie croniche?

«Sicuramente possiamo migliorare la patologia di cui il paziente è affetto, indurgli delle fasi di benessere o addirittura bloccare l’evoluzione della malattia. Abbiamo tanti farmaci a disposizione che consentono un’ottima gestione della malattia. Penso, ad esempio, alla compromissione articolare, su base infiammatoria, associata alla psoriasi. Oggi non si punta più all’uso dei farmaci classici come le ciclosporine, il methotrexate o all’applicazione di cortisonici topici. Da circa quindici anni, in special modo per quanto riguarda la psoriasi, utilizziamo dei trattamenti biologici come etanercept, adalimumab e i più recenti secukinumab e guselkumab, ad alta efficacia e buona tollerabilità per il paziente».

Ci sono dei trattamenti alternativi che, secondo alcuni, farebbero miracoli?

«Spesso questo tipo di approccio, anche se a volte empirico, tranquillizza il paziente e potrebbe indirettamente ridurre il suo stress».

La psoriasi, regina delle malattie dermatologiche auto-immuni, colpisce le superficie esposte, soprattutto le mani e provoca nel paziente delle enormi difficoltà relazionali. Su tutte la paura che gli altri possano credere che siano affetti da una malattia infettiva.

«Esatto. Le domande che il paziente ci fa sono proprio queste: “È infettiva?”, “Devo avere della cautele in casa?”, “Devo usare asciugamani personali?” Generalmente riferiscono che le persone con le quali s’imbattono percepiscono la loro malattia con un senso di disgusto e, istintivamente, sono portate a non stringere loro le mani. Un tempo, per nascondere la malattia, questi pazienti usavano i guanti, oggi molto meno. Il paradosso è che la psoriasi della mano pur essendo una malattia che colpisce, in genere, l’un per cento della superficie corporea, ha un impatto per questi pazienti devastante sulla loro qualità di vita».

In era COVID come è mutato il quadro delle malattie autoimmuni?

«Tutte queste malattie autoimmuni risentono dell’impatto ambientale e oggi stiamo assistendo a un aumento e un peggioramento di queste patologie, associate alla paura del contagio. Molti di questi pazienti, nel periodo di lockdown, sono stati costretti a rimanere a casa. Ciò ha determinato un’esplosione delle dinamiche familiari ed ha prodotto un aumento esponenziale dello stress. Ho visto pazienti che, dal nulla, hanno sviluppato vitiligini o alopecie areate importanti».

di Ignazio Senatore

 

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