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Le politiche diverse di Governance dal 2000 al 2020

  21 Novembre 2020

 

Venti anni che non sono stati capaci di allargare la crescita

Dopo la seconda guerra mondiale sono state riordinate le questioni che hanno raccolto l’economia, la crescita dei processi italiani e la progressiva alimentazione, nei momenti tra Italia ed Europa fino al 2000. Dal 2007 al 2008 l’Europa ha subito una contrazione. In particolare l’Italia ha avuto una dècalage che dal 2009 ha causato molti problemi, con il Sud e il Nord che si divaricano tra crescita del Nord e ricadute del Sud. L’Europa reagisce, tra il 2009 e il 2014, con una impennata verso il 2016, ma poi si richiude e si arriva in questa situazione al 2017.

Nel 2018 del ciclo economico mondiale era ancora in decelerazione, mentre alcuni rischi, all’interno di alcune nazioni europee e mondiali erano più forti. Tra il 2018 e il 2019 l’economia italiana resta piatta e il sogno da inseguire sarà il 2021 o forse anche altri anni a venire.

Purtroppo nei mesi estivi del 2019 il ciclo economico non aveva mostrato segnali particolari di ripresa. Il calo degli investimenti, il rallentamento della produzione industriale e una elevata incertezza avevano penalizzato il commercio mondiale.

L’ambizione, che avrebbe potuto allargare l’Europa e l’Italia, doveva davvero chiudere il ventennio della storia, non molto prezioso, che aveva aperto il principio dell’euro e si avvicinava davvero alla conclusione europea nel cerchio poi chiuso del 2020.

In questo ventennio italiano dal 2000 al 2020, la situazione economica si è purtroppo frammentata soprattutto nel periodo dal 2000 fino al 2008 in relazione alla forza prorompente degli Stati Uniti. Nel 2008 in Italia assistiamo a un tentativo di una prima riorganizzazione di crescita economica che parte dall’interno e si allarga verso l’esterno.

Nel 2014 si aprono le porte per il futuro: l’economia italiana prepara un processo interessante di sviluppo, ma il processo di crescita si è fermato nel 2019 degenerando in una singolare débâcle.

Purtroppo, nonostante la voglia di mantenere il processo in atto che nel 2020 si sarebbe concretizzato nei primi mesi dell’anno con la ricerca, è stato difficile, riordinare l’evoluzione dell’economia italiana.

Come e perché abbiamo svilito il processo italiano del 2019? Monti, Letta e Renzi avevano un crescendo che portava prima allo 0,4 e poi anche allo 0,6 anche Gentiloni tiene duro per qualche tempo; purtroppo però dal 2018 al 2019 siamo di nuovo sotto un pil declassato.

In questi anni, dal 2018 al 2020, non c’è stata una crescita ma, ancora una volta, una stagnazione. Un processo più forte sarebbe dovuto andare verso una intenzione espansiva. In Campania, di riflesso, sarebbe stata necessaria la rigenerazione del trasferimento dal Sud al Nord e al Nord al Sud in un crescente riordino che avrebbe potuto allargare i confini del porto napoletano. In tre anni il progetto non si è ampliato, bisogna sperare nel 2021 e forse anche nel 2022. In ogni caso, oggi, che siamo vicini alla fine del 2020, si cerca di riordinare un processo progettuale fino al 2023 puntando sulla sanità europea e sul riordino delle scuole.

Occorre ora riorganizzare il Paese e ritrovare un progetto comune per il ricongiungimento e lo sviluppo dell’Italia e del Centro europeo. È forte il monito di Visco quando dice di tenere alta la guardia e ristrutturare i crediti: all’orizzonte si profila la nuova Ue di Von der Leyen che punta (anche) all’Unione sanitaria. E infine il Recovery Fund sarà la strada dell’Italia che si aggancia verso l’Europa per generare almeno cinque anni di fronte economico dal 2023 al 2027.

Riusciremo a crescere? Non credo.

 

di Massimo Lo Cicero

 

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