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Morti che parlano e morti che ascoltano

  04 Novembre 2020

‘A capuzzella cu ’e rrecchie e Memento mori sono due crani con le orecchie ritrovati nella Chiesa di Santa Luciella ai Librai e a Pompei. Ma nella cabala il morto che ascolta a quale numero viene associato?

 

“Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire!”, dice il proverbio. E se le orecchie in ascolto, intese in senso letterale e non metaforico, fossero quelle di un defunto?

A Napoli, dove è possibile tutto e il contrario di tutto, esiste un teschio dotato di due padiglioni auricolari calcificati. Si trova nell’ipogeo della Chiesa di Santa Luciella ai Librai, in pieno centro storico, alle spalle di San Gregorio Armeno. È depositato, insieme ad altri crani, su una cornice in muratura posta a mezz’altezza su tre pareti perimetrali dello spazio sotterraneo. ’A capuzzella cu ’e rrecchie: questa è la denominazione popolare con cui è conosciuto.

Il singolare resto mortale è stato per secoli oggetto di venerazione da parte dei napoletani, che lo utilizzavano come medium tra il mondo dei vivi e l’Oltretomba e gli rivolgevano suppliche e invocazioni. «Se una capuzzella “normale” è capace di sentire le nostre preghiere – diceva la gente – e intercedere presso l’Altissimo per concederci qualche grazia, questa è ancora più attenta e influente, perché addirittura tène ’e rrecchie!». Potenza della suggestione e della fede. E testimonianza dello speciale, strettissimo rapporto che i partenopei hanno sempre intrattenuto con l’aldilà, come si evince anche da tanti altri luoghi ricchi di storia, aneddoti e leggende, tra cui il Cimitero delle Fontanelle, le Catacombe di San Gaudioso e la Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco.

La Chiesa di Santa Luciella, le cui origini risalgono, secondo alcune fonti, all’XI secolo, nel corso della storia ha vissuto alterne vicende. Nel Settecento fu completamente rimaneggiata, assumendo forme barocche. Successivamente fu presa in custodia dalla corporazione dei pipernieri e dedicata alla martire protettrice della vista; una decisione che aveva una precisa motivazione: i manovali che con martelli e scalpelli lavoravano il piperno restavano spesso feriti agli occhi dalle schegge di questa durissima roccia magmatica, che veniva estratta dalle cave di Pianura, Soccavo e Quarto.

Dopo il terremoto del 1980, il luogo di culto è rimasto chiuso, abbandonato e dimenticato per più di 35 anni. A salvarlo è stata l’associazione “Respiriamo Arte” (www.respiriamoarte.it), presieduta da Massimo Faella e composta da giovani professionisti partenopei specializzati in campo artistico e letterario, che con impegno e passione hanno raccolto fondi, sollecitato le istituzioni, organizzato eventi, avviato lavori di recupero nella struttura, fino a riaprirla al pubblico nella primavera del 2019.

Una curiosità: la capuzzella udente di Santa Luciella presenta forti analogie con il mosaico di epoca romana intitolato “Memento mori” (“Ricordati che devi morire”), ritrovato a Pompei e conservato nel Museo Archeologico Nazionale. L’opera raffigura un teschio circondato da vari simboli allegorici: una ruota (la fortuna); una farfalla (l’anima); una livella (la giustizia); una bisaccia, un abito da mendicante e un bastone (la povertà); una veste color porpora e uno scettro (la ricchezza). E pure questo teschio – udite udite! – è dotato di orecchie.

Un’ultima annotazione per i cabalisti e i giocatori del Lotto. Nella Smorfia i defunti godono di un’ampia casistica: oltre al morto “semplice” (47) e al morto che parla (48), vi troviamo il morto che cammina (32), il morto che prega (50), il morto in chiesa (51), il morto che minaccia (55), il morto nella bara (4), il morto sotterrato (34), il morto che fugge (12), il morto nudo (21), il morto che ride (30) e altri cadaveri di variegata natura. Manca, però, il morto che ascolta. Lo dico incrociando le dita: troviamogli al più presto un numero corrispondente, prima che possa offendersi.

Pino Imperatore

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