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Come cambia la fruizione dell’arte

  21 Luglio 2020

Tante idee per non rinunciare al rapporto fisico con le opere d’arte. Un confronto tra Paolo Giulierini, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli e Sylvain Bellenger, direttore del Museo di Capodimonte

Visite su prenotazione, scandite lungo l’arco della giornata per evitare assembramenti. Misurazione della temperatura con termoscanner. Mascherine obbligatorie, distanze di sicurezza e percorsi studiati per evitare vicinanze rischiose. La pandemia di COVID-19 ha totalmente stravolto la fruizione dell’arte: Paolo Giulierini e Sylvain Bellenger, alla guida dei due più importanti musei di Napoli, ci raccontano come.

A colloquio con Paolo Giulierini,

In che modo la pandemia ha modificato i tempi e riorganizzato gli spazi del MANN?

«La pandemia ha causato il blocco del Museo dal 9 marzo al 2 giugno. Siamo ripartiti con il botto con la mostra “Gli Etruschi in Campania” dal 4 giugno, e speriamo con gradualità di tornare alla normalità a settembre. Per adesso le visite sono possibili solo su prenotazione, le persone devono essere autonomamente dotate di mascherina, rispettare la distanza di sicurezza di almeno due metri, e sottoporsi alla misurazione della temperatura con termoscanner all’ingresso. All’interno del museo abbiamo creato dei percorsi che non prevedono la possibilità di tornare indietro sui propri passi. Le prenotazioni sono scandite lungo l’arco della giornata in modo da non creare assembramenti. Un viaggio in perfetta sicurezza proprio per aiutare psicologicamente le persone a comprendere che il museo è un luogo sicuro».

Che ruolo ha il digitale in questa trasformazione?

«La pandemia ha incentivato naturalmente il messaggio social e sul web. Il MANN infatti è stato riconosciuto dal Politecnico di Milano come Istituto più attivo in Italia su Facebook. Questo ci ha fatto molto piacere, non tanto per il primato, quanto perché abbiamo avuto modo di mettere in campo tantissimi contenuti, dai corti di Lucio Fiorentino alle storie di Fuoriclassico, fino ai videogame che avevamo realizzato nel tempo ma non avevamo potuto perfettamente valorizzare. E l’aspetto digitale prosegue: saremo ancora a lungo presenti sui social per informare e accompagnare virtualmente i nostri visitatori verso il ritorno alla normalità. Quindi come dire: sì al fronte digitale ma con l’idea di far tornare tutti al museo in sicurezza».

Sarà possibile quest’anno lo svolgimento di concerti ed eventi serali?

«Non abbiamo ritenuto di riniziare subito con i programmi serali perché questi sono anche legati ai finanziamenti speciali per i progetti statali, che al momento non sono giunti. Stiamo ancora studiando la risposta del pubblico dopo l’emergenza, e se vediamo che c’è un’attenzione particolare per i musei, e quindi vale la pena differire e variegare l’offerta, lo faremo senz’altro. Bisogna avere massima cautela e ripartire con gradualità: gli eventi sviluppano aggregazione».

A colloquio con Sylvain Bellenger

In che modo la pandemia ha modificato i tempi e riorganizzato gli spazi del MANN?

«Come tutti i musei, anche Capodimonte ha dovuto chiudere fisicamente le porte al pubblico, ma non ha mai interrotto il dialogo con i visitatori. Lo abbiamo fatto attraverso il nostro sito web www.museocapodimonte.beniculturali.it con una rubrica quotidiana dal titolo “L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta” con contributi di storici e restauratori interni, ma anche di docenti esterni con un alto livello di informazioni scientifiche, che il pubblico ha molto apprezzato. Abbiamo visto crescere i nostri follower su tutti i social, specie su Instagram dove abbiamo inaugurato una nuova rubrica, le pillole d_@arte, un breve video da un minuto su una singola opera.

Per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, invece, fatta salva la tutela delle opere che non è mai venuta meno con un presidio costante del personale, abbiamo sperimentato con grande efficienza lo smart working. Il lavoro d’ufficio non si è mai fermato, ma è andato avanti in maniera agile, più mirato sugli obiettivi e sui risultati, capovolgendo la concezione tayloristica del lavoro».

Che ruolo ha il digitale in questa trasformazione?

«Un ruolo fondamentale, ovviamente. Ho posto la digitalizzazione al centro della missione del mio secondo mandato e avevo già avviato nel 2018 un’intensa campagna di digitalizzazione delle opere d’arte. Credo fermamente che l’immagine in alta risoluzione di un’opera, una visita virtuale o altri contenuti sul web costituiscano il modo migliore per preparare una vera visita al museo e non solo un modo alternativo di fruire il patrimonio artistico».

Come si svolgeranno le iniziative estive e, in generale, come cambia l’esperienza culturale che coinvolge il bosco?

«Seguiamo passo passo l’evoluzione (e, speriamo, l’involuzione) del contagio. La nostra programmazione non si ferma. Sempre nel rispetto delle regole di distanziamento sanitario cercheremo di spostare all’aperto alcune delle nostre attività nel bosco (visite e laboratori) e riproporre nel Bosco quelle che già portiamo avanti da qualche anno (musica e cinema) e poi c’è il nostro Giardino storico, uno scrigno di capolavori botanici tutti da scoprire».

di Simona Ciniglio

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