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Masullo: riconciliare lavoro e impresa

  22 Maggio 2019

Il tema del fattore umano sul lavoro è molto attuale rispetto alla rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo. Rapporti recenti come quello McKinsey prevedono, nel giro di pochi anni, la scomparsa di circa il 50 per cento dei lavori svolti oggi nel mondo da persone fisiche. Il World Economic Forum si è spinto a pronosticare per il triennio 2018-2020 una perdita mondiale di più di 7 milioni di posti di lavoro solo parzialmente compensata dall’ingresso di nuovi profili professionali.

“Gli effetti di questa rivoluzione – spiega Vito Grassi, presidente Unione Industriali Napoli, inaugurando il Cineforum dedicato al mondo dell’impresa e del lavoro – sono difficilmente prevedibili: circa il 65% dei bambini che iniziano le elementari in questi anni probabilmente farà un lavoro che oggi ancora non esiste”.

Il primo film, “Il fattore umano. Lo spirito del lavoro” di Giacomo Gatti, coniuga la cultura d’impresa con la cultura del lavoro, “quella – prosegue Grassi – che trasmette un imprenditore quando fa le sue scelte, la cultura della responsabilità, del merito, della propensione al rischio, della consapevolezza che ogni nostra scelta incide sul futuro di tante persone”.

Per il filosofo Aldo Masullo, intervenuto nel dibattito a Palazzo Partanna, “l’impresa opera all’interno dell’ingranaggio sociale: oggi bisogna guardare i prodotti da un altro punto di vista, non essere soffocati dal sistema, con una visione responsabile che spetta alla coscienza dei cittadini e delle imprese”.

Masullo inserisce il “fattore umani” nelle dinamiche che caratterizzano, al Sud, il difficile passaggio tra scuola e mondo del lavoro: “quando uscii dall’università, nell’immediato dopoguerra – ricorda -, il problema era trovare un impiego, perché, contrariamente al Nord, nonostante la presenza di buoni imprenditori, nel Mezzogiorno non c’era un tessuto industriale. Oggi, a settant’anni di distanza, non è ancora superato il problema del ‘pezzo di carta’”.

Secondo il filosofo, bisogna recuperare la centralità del lavoro nell’impresa: “è un fattore importante – spiega Masullo – perché l’impresa vive di lavoro e le occasioni per affermarsi al Sud sono ancora poche. Abbiamo straordinarie aziende manifatturiere, innovative e ad alta tecnologia, ma, come nel caso dell’aerospazio e dell’automotive, costruiamo pezzi che saranno poi assemblati altrove, da altre aziende”.

Forte il richiamo civile e morale alla responsabilità collettiva: “non basta essere buoni industriali o professori – rimarca Masullo -: facciamo parte di una comunità che non è in grado di dare al lavoro il suo vero significato. Dobbiamo operare una vera e propria trasformazione, non una rivoluzione, con il passaggio da una forma a un’altra di organizzazione industriale. I giovani vivono in un ambiente sociale che non stimola al lavoro, il più delle volte vengono estromessi dalla produzione. E quando non si ha lavoro si diventa schiavi”.

“L’impresa – conclude Grassi – deve essere sempre più un luogo dell’anima in cui vengono armonizzati interessi contrapposti. È un messaggio forse complesso da trasmettere, ma ho la netta percezione che i lavoratori sono sempre più consapevoli del fatto che chi guida l’impresa esercita sì una leadership ma anche una funzione di servizio”.

> Di Maria Pia De Angelis

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