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Da Virgilio a Dracula, viaggio tra i misteri di Napoli

  03 Maggio 2019

Da Posillipo a Castel dell’Ovo un itinerario tra miti e leggende.


La Crypta Neapolitana

Interamente scavato nel tufo, il condotto noto come Crypta Neapolitana è da sempre considerato un luogo magico e misterioso, per via dei culti misterici che la tradizione popolare vuole si celebrassero proprio nei suoi antri. Lunga 700 mt, la Crypta fu aperta nel I secolo a.C. come linea di comunicazione fra Neapolis e Puteoli. Attualmente in disuso, l’ingresso della grotta si trova nel parco Vergiliano alle spalle della chiesa di Santa Maria di Piedigrotta a Mergellina.

Modificata variamente nei secoli, sul finire dell’800 la grotta fu privata di qualsiasi utilità funzionale, tuttavia ne è stato preservato il fascino come luogo di antichi culti, essendo comunque percorribile un breve tratto accedendo da Via Grotta Vecchia. Leggenda vuole che sia stato il poeta Virgilio, nella tradizione partenopea dotato di potenti arti magiche e grazie a queste assurto a protettore della città prima di essere soppiantato da San Gennaro, a scavare la grotta in una sola notte. Inoltre, sempre secondo leggenda, le spoglie di Virgilio riposerebbero proprio negli antri della Crypta.

Ad aggiungere un’aura di mistero attorno a questo luogo c’è il fatto che esso è da sempre legato alla festa di Piedigrotta, una celebrazione religiosa, ma ancor prima pagana, che, nella notte tra il 7 e l’8 settembre, celebrava la nascita della Madonna attraverso un pellegrinaggio notturno seguito da una festa sfrenata all’interno della grotta stessa. Con i Borbone la Festa di Piedigrotta e quindi la Crypta stessa vissero il periodo di maggiore splendore e alla fine dell’800 si aggiunse anche una componente artistica, in quanto tutte le più famose canzoni napoletane venivano scritte per essere cantate nella grotta nel giorno della festa. Con l’avvento del fascismo e la chiusura della grotta la festa assunse il ruolo di cassa di risonanza per la propaganda del regime e ciò determinò la fine dei fasti relativi alla Festa di Piedigrotta e il destino di incuria toccato in sorte alla Crypta Neapolitana.

Il ricercatore e musicista Antonio Orselli nel suo libro “Festa Notturna”, edito da Le Parche, descrive ampiamente la sovrapposizione tra la festa orgiastica di epoca greco-romana in onore di Mithra e di Priapo e la festa religiosa nata in seguito all’apparizione della Madonna nel 1353. Tradizione vuole che Maria, rivelandosi a tre religiosi in tre luoghi distinti, abbia chiesto di costruire una chiesa proprio sulle rovine dell’antico tempio pagano dedicato al dio Priapo dove, sempre secondo la leggenda, era stata rinvenuta proprio un’icona della stessa Madonna.

La Crypta è visitabile gratuitamente accedendo da Via Salita della Grotta, (o via Piedigrotta, a pochi passi dalla monumentale stazione ferroviaria) dalle 10.00 alle 14.50 (orario invernale dal 16 ottobre al 15 aprile) e dalle 09.00 alle 18.00 (orario estivo dal 16 aprile al 15 ottobre). Il sito è chiuso il martedì.


L’uovo di Virgilio

Secondo la mitologia la sirena Parthenope approdò sull’isolotto di Megaride, una formazione tufacea di fronte al borgo di Santa Lucia sulla quale fu costruito il Castel dell’Ovo. In epoca romana denominato Castrum Lucullanum, il maniero deve il suo attuale nome ad alcune leggende orali ruotanti attorno alla figura di Virgilio Mago. Si narra che Virgilio avesse nascosto nelle fondamenta di Megaride un uovo in una caraffa sospesa ad una trave di quercia e racchiusa in una gabbia di ferro. L’integrità dell’uovo avrebbe assicurato lunga vita alla città di Napoli; la sua rottura, invece, ne avrebbe comportato la distruzione.

Il 26 luglio del 1370 sulla città si abbattè un devastante vento di libeccio che spinse i flutti del mare fin dentro le segrete e fece crollare parte del castello arroccato sul tufo. I partenopei subito pensarono che i flutti avessero rotto l’uovo e che quindi il crollo fosse imputabile a ciò. Fu allora che, secondo quanto si racconta, la Regina Giovanna I d’Angiò fece sostituire l’uovo ripristinandone il nascondiglio, per poi far erigere ex novo la parte del castello andata distrutta.

Lo scrittore napoletano Maurizio Ponticello è certamente uno degli autori che più dettagliatamente ha indagato sulle leggende e sui miti partenopei. Nel suo ultimo libro “Napoli velata e sconosciuta”, edito da Newton Compton, l’autore accompagna i lettori in un viaggio atto a dipanare la complessa simbologia racchiusa nel mito dell’uovo di Virgilio: archetipo cosmogonico, sacro simbolo della vita, generatore di ordine dal “Caos originario”. Tuorlo ed albume come contrapposizione di elementi pesanti e leggeri ritrovabili anche nel Tao cinese: yin e yang. La Pietra filosofale degli alchimisti, dalla forma ovoidale, ovvero il matraccio in cui si riteneva che avvenissero le conjuctio oppositorum, le nozze alchemiche tra i contrari (il Sole e la Luna).

Non sembra sfuggire a questo simbolismo nemmeno la maschera che più di tutte incarna la napoletanità: Pulcinella. Ebbene, il pigro, ironico e opportunista personaggio assurto come simbolo scaramantico partenopeo, già noto in epoca romana (il Maccus nelle Atellane), sparito con l’avvento del Cristianesimo e poi tornato in auge nel 1500, altro non sarebbe che un “pulcinello”: un piccolo pulcino dal naso adunco e dalla voce simile ad un pigolio, uscito anch’esso, guarda un po’, da cosa se non da un uovo?


La tomba di Dracula

Da sempre simbolo del macabro, il Conte Dracula ha ispirato i più grandi registi e scrittori di tutto il mondo.

Ebbene, sembrerebbe che il conte Vlad Tepes Dracula, il più famoso vampiro della storia, sia stato sepolto proprio a Napoli, più precisamente nella Chiesa di Santa Maria La Nova.

Tutto ha inizio nel 2013, quando un gruppo di lavoro, tra cui la storica Laura Miriello, ha analizzato una tomba nel chiostro della chiesa, inserendo in essa una microcamera che ha svelato alcuni particolari inquietanti: una croce del diavolo e due incisioni di cui una rappresenta una testa sulla quale è conficcata una croce, l’altra invece una serie di cerchi concentrici, come una sorta di Cosmo contornato dalla serie dei numeri esoterici dei pitagorici 1, 2, 3, 4, 10. Inoltre, i bassorilievi sul marmo rappresentano un dragone (Dracula appunto) e due sfingi contrapposte che simboleggiano il nome della città di Tebe, chiamata dagli agizi Tepes. In quei simboli sarebbe dunque possibile intravedere la scritta “Dracula Tepes” cioè il nome del conte Vlad.

C’è da chiedersi da dove derivi l’ipotesi che si tratti proprio della tomba di Dracula. La risposta sta nel fatto che secondo la tradizione nel 1476 il conte Vlad Tepes Dracula, appartenente all’ordine del Dragone come il re di Napoli Ferrante D’Aragona, scomparve durante una battaglia contro i turchi e fu dato per morto. Una delle sue figlie, Maria, all’età di sette anni fu adottata da una donna napoletana della famiglia dei Comneno. Condotta nel regno di Napoli, Maria fu poi data in sposa un nobile napoletano della famiglia dei Ferrillo. Ed in effetti si sa che alla loro morte i coniugi furono seppelliti a Napoli.

Il ritrovamento di quei segni in Santa Maria La Nova ha aperto nuovi scenari lasciando ipotizzare che il conte Vlad non fosse morto in battaglia, bensì fosse stato fatto prigioniero dai turchi per poi essere riscattato dalla figlia e condotto a Napoli, dove avrebbe vissuto fino alla morte. Ad avvalorare questa tesi ci sarebbe anche il fatto che la tomba in questione appartiene proprio alla famiglia dei Ferrillo.

Abbiamo chiesto a Laura Miriello (della quale a maggio verrà pubblicato il libro “Tutta la verità sulla tomba di Dracula a Napoli”) una sua ipotesi a riguardo: “esistono molti intrecci tra Matteo Ferrillo e la famiglia Tepes. Semmai il conte possa essere venuto a Napoli non avremmo comunque alcuna traccia. Le ossa sono state trafugate o disperse, e quelle che rimangono sono state portate al cimitero. Non sappiamo se realmente avesse una figlia, ma è probabile che la nuora del defunto Ferrillo (proprietario della tomba) abbia legami con i Tepes e i Comneno. Soluzione? Non esiste! Tutto falso?…Neanche questo è vero fino in fondo. Non potendo cercare più alcuna prova, visto che tutto è andato distrutto, la storia della tomba di Vlad rimane un mistero”.

Dunque, nessuna certezza definitiva sulla sepoltura a Napoli del principe di Valacchia. Tuttavia le suggestioni a riguardo sono così affascinanti da sperare che i segni in Santa Maria La Nova non siano solo delle semplici coincidenze.

Uno dei tanti misteri di Napoli.

> di Aurora Rennella

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