News

home > News> Rosolino, la geometria del gusto

Rosolino, la geometria del gusto

  01 Dicembre 2018

Esiste una “geometria del gusto”, una proiezione di forme (e gusti) gastronomici nel piano e nello spazio? Per paradosso, come se la cavava Euripide ai fornelli (che presumibilmente nell’antico Egitto non erano stati ancora inventati). Ma il matematico era conosciuto anche quale στοιχειωτής (compositore degli elementi) e quindi qualche collegamento prodromico con la successiva arte culinaria doveva pur esserci. Più complesso il rapporto tra cucina e l’altro padre della geometria, Pitagora, noto per la sua idiosincrasia per le fave e per essere l’antesignano dei moderni vegani (come ci raccontano le Metamorfosi di Ovidio).

A mettere tutti d’accordo su una moderna “geometria del gusto” è Rosolino Corner, “angolo” della galassia Rosolino proprio all’angolo tra via Lucilio e via Nazario Sauro, dedicato alla rivisitazione della cucina tradizionale attraverso un’attenta ricerca di ingredienti e della qualità.

La “geometria del gusto” la troviamo nella sapiente costruzione di senso della cucina che Rosolino Corner esprime: angolo come incontro tra due rette, tra due pensieri, con la cucina che diventa la valorizzazione dell’equilibrio tra innovazione e tradizione. Un’operazione giocata sul punto d’incontro tra estetica e sostanza, semplicità con ricercatezza. I 360 gradi dell’esperienza nel gusto sono per la metà rapportati alle singole portate (crudi, primi, secondi, formaggi, dolci) e per i restanti 180 ai vini in abbinamento.

Un’offerta enogastronomica moderna e raffinata, dunque, affidata alla regia di Astrid e Monica, figlie di Antonio Rosolino e nipoti del mitico Angelo, imprenditrici di terza generazione, che hanno puntato, per questo “new deal”, sul giovane chef Stefano Iermano, che ha già maturato significative esperienze all’estero. Iermano ben interpreta il mandato della rivisitazione, partendo dagli ingredienti-base della cucina tradizionale, senza mai strafare, ma stupendo il palato con una sinfonia di sapori ben equilibrati. Ha già assimilato la percezione di tempi e dosi, ispirando l’estro creativo soprattutto all’armonia: come il direttore di una piccola orchestra, dove le prime parti non soffocano mai gli strumenti di fila, Iermano ci porge piatti unici, dove i singoli sapori, ben distinguibili, fanno la loro parte per il successo complessivo.

L’ouverture si apre con polpo affumicato con patate in crema di latte, scarola croccante e pinoli tostati, per lasciar poi spazio al carciofo in brodo di pollo, crudo di gambero rosso di Mazara e bergamotto (ottimo). Il primo (da applauso) sono ravioli di pasta fresca con scampo bruciato, asparagi e cenere di parmigiano; poi dentice in crema di colatura di alici di Cetara DOP, sciroppo d’uva fragola e yuzu; grancia di manzo pura razza romagnola, cavolfiore, bieta e maionese all’aglio rosso di Nubia (standing ovation). Per i dolci si affaccia al loggione un “Lingotto”, che a dispetto del nome torinese è una deliziosa mousse al pistacchio di Bronte DOP con cioccolato amaro e glassa al caffè. Gran finale al flambé in puro stile Rosolino.

In abbinamento entrée con Tener Brut Castello Banfi, Greco di Tufo DOCG di Ciro Picariello, Falerno del Massico DOC Rampaniuci di Giovanni Migliozzi (che fa riposare il suo vino innotti con sottofondo di Pink Floyd e De André, e il risultato si sente..!!!), in chiusura Barolo Chinato di Borgogno.

L’esperienza vale tutta il prezzo (oltremodo accessibile) per una serata piacevole, a due passi da un’incantevole scenario (con le luci del Vesuvio a far da sfondo), personale di livello e impiattamento curato. Ci aspettiamo una stellina per il giovane chef.

Francesco Bellofatto

condividi su: