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DESTINAZIONE CAMPANIA

  19 Novembre 2018

Gli itinerari di DODICI Magazine per un Mezzogiorno insolito tutto da scoprire


 

VALOGNO, IL PAESE DELLE FIABE (SESSA AURUNCA, CE)

È stata una mia amica ungherese a nominarmi Valogno. Un’artista dai mille interessi, che a 70 anni gira il mondo seguendo le rotte dei lowcost.

– Qui non sono riuscita ad arrivare perché con i mezzi pubblici sarebbe stato impossibile, vacci tu e fammi sapere se esiste un luogo del genere.

Così, in uno di quei pomeriggi sonnacchiosi in cui non si ha la voglia di tornare in spiaggia, ho deciso di visitare questo borgo vicino Formia, dove stavo passando le vacanze. Da anni, preferisco girare in scooter, per vedere il paesaggio intorno a me, sentirne gli odori, fermarsi, quando si ha voglia. Fino a Sessa Aurunca il viaggio non offre molti spunti, se non i tre ponti sul Garigliano; poi, lasciando la statale 7, il paesaggio diventa affascinante: la stradina in salita, da dove si intravede il borgo in alto, attraversa boschi secolari e frutteti un po’ abbandonati. All’ingresso del paese “mi accoglie” un gruppo di bambini. Nei loro sguardi riconosco i nostri sguardi curiosi di ragazzini, quando nel mio paesello dell’Ungheria arrivava un forestiero.  Mi aiutano a parcheggiare lo scooter e poi interrompendosi l’un l’altro, con toni concitati ma visibilmente orgogliosi iniziano a raccontarmi la storia del borgo. Uno di loro, un ragazzino sui 14 anni, mi vuole accompagnare a casa sua:

– Venga a casa mia, papà sa tutto sui murales, è stato lui ad inventare tutto.

Giovanni, un signore gentilissimo e sua moglie Dora, mi invitano a prendere un caffè. Ci sediamo al grande tavolo della loro cucina accogliente, decorata da murales e da oggetti d’altri tempi, tra cui, un’antica casa delle bambole. Solo in un museo di Londra ne avevo visto una simile. Solo dopo, al mio rientro a Formia scopro – benedetto internet! – che si tratta di Giovanni Casale, uno psicologo che, insieme alla moglie Dora, ha deciso di lasciare Roma e ha aperto la casa di famiglia, a Valogno. È stato lui a chiamare artisti internazionali e italiani che hanno dipinto i muri dei vicoli con opere fantastiche. A Valogno vivono circa un centinaio di persone, prevalentemente anziani. Il 90% delle case è disabitato. Un solo negozietto assicura l’indispensabile agli abitanti e non ci sono nemmeno dei bar. Ad ogni slargo dell’unica via, c’è, però un tavolo, accanto ad uno si siedono uomini che giocano a carte e al mio passaggio mi offrono un bicchiere di vino; c’è anche il “tavolo femminile” con signore che chiacchierando, lavorano la maglia. Anche loro mi invitano a sedersi con loro, mi offrono caffè e limonata. Eh si, durante la mia visita di appena un paio di ore ho dovuto rifiutare il terzo caffè offertomi da persone, aperte, sorridenti, accoglienti. Eh sì. A Valogno tutte le porte sono aperte. Così tra un caffè e due chiacchiere, la signora Rosalba mi mostra una cartolina di Guttuso, suo marito mi fa vedere la propria cantina, un signore novantenne mi invita a casa sua. Lui non ha nessun murales da mostrarmi, solo il panorama che si estende no al mare. Poi rifaccio l’unica strada, soffermandomi avanti ai 42 murales che è impossibile descrivere perché sono diversi per stile e per l’oggetto: la trilogia dell’amore, leggende locali, aneddoti della storia d’Italia, la vita di campagna, la storia di San Michele, e tante, tante fiabe. Scatto qualche foto e torno a salutare Giovanni e Dora prima di riprendere il viaggio di ritorno. Dora mi racconta che dopo aver lasciato Roma hanno impostato la loro vita in modo diverso: ritmi più lenti, rapporti umani più profondi. Infatti, invitano i turisti a pranzare allo stesso tavolo della loro casa accanto al fuoco, ma il pranzo non è solo uno sterile “servizio di ristorazione”, ma convivio: l’occasione di scambiare esperienze, frammenti di vita, racconti e poi certo… anche parlare d’arte. Sulla strada di ritorno, ho cantato fino a Formia.

E ho subito chiamato la mia amica ungherese:
– sì, Valogno esiste, ed è esattamente come hai immaginato. È il paese delle fiabe. Quando vieni a trovarmi a ne settembre, ti ci porto io.

> di Agi Berta,

Scrittrice e Traduttrice


FURORE (SA): NENNELLA, LA CAPRETTA DELLA MAGNANI

Abbiamo incontrato, in esclusiva per Dodici Magazine, un personaggio leggendario della Costa d’Amal , Raffaele Ferraioli, sindaco di Furore, ma anche imprenditore, storico, poeta e paroliere, autore fra l’altro di Serenata a Furore, piccolo capolavoro della tradizione musicale napoletana. E lui ci ha accolto nello storico locale di famiglia, l’Hostaria da Bacco, un luogo intriso di storia, dove si sono avvicendati personaggi come Raffaele Viviani, Roberto Rossellini, Anna Magnani, Federico Fellini, Luciano De Crescenzo e tanti altri.

Ferraioli ha sempre pronto, per deliziare gli ospiti, qualche gustoso aneddoto da raccontare, e questa volta è toccato proprio alla Magnani, che a Furore ebbe, insieme a Rossellini, il suo rifugio d’amore prediletto in quella Villa della Storta, nel cuore del celebre fiordo, che oggi è divenuta un meraviglioso museo a lei dedicato: alla Magnani e… alla sua capretta. Sì, a Nennella, come venne battezzata. La capretta immortalata da Rossellini in alcune sublimi sequenze di Amore, l’ultimo film che il padre del Neorealismo girò insieme alla grande attrice romana, proprio a Furore. Dopo il film, Nennella venne donata dalla produzione al parroco del paese. E costui, a sua volta, la regalò alla propria perpetua, magari col segreto desiderio che gliela cucinasse al forno. Ma la donna, che pure era una gran cuoca, obiettò che quella non era “una crapa qualunque”, ma “una crapa del cinematografo” e che nessuno se la poteva mangiare! La donna si affezionò sempre di più alla bestiola, e la portava con sé anche nell’orto, accanto alla chiesa dove parte del film era stato girato. La capretta, riconoscendo quei luoghi, e forse ricordando i momenti trascorsi sul set, sembrava davvero felice, e a volte si inerpicava fino al campetto dove i ragazzi di Furore andavano a giocare a pallone: fra quei ragazzi c’era anche Raffaele. Fu così che Nennella divenne la mascotte dell’intero paese, brucando l’erba di quella terra fertile, e contemplando il mare dal ciglio di quei terrazzamenti affacciati sul panorama più bello del mondo.

> di Flavio Pagano,

Scrittore


SAN MAURO LA BRUCA (SA): I MISTERI DELLA MAGNA GRECIA

Grazie alle ricerche portate avanti dal 2017 nel Basso Cilento dal Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dell’Università di Salerno, sul crinale che divide San Mauro da Pisciotta, stanno venendo alla luce in località Castelluccio due siti, una piccola struttura militare della fine del IV secolo a.C., in quello più alto un luogo di culto.

Quest’ultimo – sottolinea Elio De Magistris, docente di Topografia Antica all’Università di Salerno e direttore degli Scavi – presenta delle caratteristiche del tutto singolari e senza paragoni in Magna Grecia, sia per la tecnica costruttiva che per la posizione geografica al confine tra i territori greci e lucani: si ha in tal modo la rara opportunità di comprendere le modalità di formazione dei territori pertinenti alle tribù italiche e il modo in cui queste si relazionano alle colonie elleniche, con la mediazione di un culto di confine”.

Per gli archeologi si tratta di una affascinante occasione di studio, legata all’esplorazione di un misterioso edificio frequentato in epoca antica per più di un millennio. Allo scavo partecipano studenti dell’ateneo salernitano e di altre università, italiane ed estere.

“Questi due siti – dice Francesco Scarabino, sindaco di San Mauro la Bruca – sono inseriti in un territorio di grande interesse paesaggistico, ricco di farfalle e con la presenza, in inverno, del lupo, ed è in progetto un sentiero di collegamento per rendere accessibile tutto il crinale e consentire, in futuro, la visita all’area archeologica”.

 > di Sabrina Supino 


MONTEVERDE (AV): DONNE E GRANO, SIMBOLI DELLA VITA

Siamo al centro del Mezzogiorno: guardando i campi di grano è già Puglia, storicamente ha legami forti con la Basilicata, ma dai suoi 740 metri Monteverde, ultimo Comune della Campania, rivela tutto il suo animo irpino, dominando l’Alta valle dell’Ofanto. Nei secoli il paese ha assunto un ruolo strategico di congiunzione tra due Mari, il Tirreno e l’Adriatico, soprattutto nel Medioevo, a giudicare dalla cinta muraria e dal Castello Longobardo. Monteverde propone al visitatore itinerari naturalistici e religiosi all’insegna dell’accessibilità, come il Serro della Croce e il Serro dell’Incoronata, con 3,5 chilometri di percorsi tattili forniti di audioguida. In via di realizzazione anche la traccia digitale che consentirà ai non vedenti di raggiungere e visitare da soli il Castello Longobardo.

“L’inclusione è la chiave di volta per il rilancio economico e sociale delle nostre aree – dice il Sindaco Franco Ricciardi -. Abbiamo capito che il turismo è soprattutto emozione, per comprendere a fondo la bellezza del nostro territorio”.

Una delle realizzazioni che simboleggia la vocazione territoriale è il Museo Interattivo del Grano e della Donna nella Civiltà Contadina, allestimento multimediale nelle sale del Castello, che tende ad evidenziare il ruolo della donna nella società e nell’economia locale, soprattutto a cavallo tra le due guerre mondiali, quando erano le donne a gestire famiglia e lavoro nei campi, con la raccolta del grano.

Sono state loro – dice il Sindaco – il motore della nostra economia”.

Forte e simbolico il parallelo tra la donna ed il grano. Infatti, nella metà del secolo scorso, il grano impiegava nove mesi per arrivare dalla semina alla mietitura e gli stessi mesi rappresentano, metaforicamente, il periodo della gestazione della vita e quindi l’idea di raccontare questo connubio in un percorso di nove stanze, partendo dalla prima: aratura/infanzia e poi semina/adolescenza, no ad arrivare all’ultima stanza dove la proiezione dell’impasto e la cottura del pane, racchiudono i sacri ci di un anno di lavoro per nutrire la speranza del domani.

Il pane, tra l’altro, nella religione e nella tradizione contadina è l’alimento della vita ed l’unica cosa che nella preghiera chiediamo a Dio: “Dacci oggi il nostro Pane quotidiano”.

> di Raffaele Rinaldi,

regista e attore


GUARDIA SANFRAMONDI (BN), VINO PATRIMONIO UNESCO

Vino, storia e tradizione: venite a Guardia Sanframondi, sulla collina che domina la Valle Telesina, per comprendere come armoniosamente questi tre elementi si possono fondere in un grande attrattore di rilievo internazionale.

Dopo lo scorso anno, dedicato ai riti settennali dei Battenti dell’Assunta, il centro sannita ha ospitato a fine luglio la seconda edizione del Tattoo Festival, rassegna internazionale che mette a confronto bande musicali militari, danzatori scozzesi e complessi bandistici locali, a modello della parata del Royal Edimburgh Military Tattoo.

Il Comune guidato dal sindaco Floriano Panza, sta lavorando in sintonia con Castelvenere, Torrecuso, Solopaca e Sant’Agata dei Goti per creare un’offerta turistica e culturale integrata. Un’aggregazione, questa, che caratterizza anche i Comuni più visitati d’Italia, che racchiudono oltre metà della produzione vitivinicola della Campania: da questo territorio parte il progetto Biowine, che vedrà la luce nel 2019 e che punta alla creazione di un brand unico sulla cultura e l’arte legate al vino.

“Questo progetto – sottolinea Panza -, con la valorizzazione sui mercati internazionali dei nostri vitigni Falanghina e Aglianico, rappresenta anche il punto di partenza per richiedere il titolo di Città Europea del Vino, primo passo per presentare all’Unesco la richiesta di riconoscimento quale Patrimonio Immateriale dell’Umanità”.

> di Andrea Grillo


 

PADULA SISTEMA MUSEO

Dal 1° luglio è partito il servizio di bigliettazione della Certosa e dei Musei Civici di Padula, affidato ad Arte’m con un bando di gara e dopo la firma dell’Accordo di Valorizzazione tra Comune di Padula e Polo Museale della Campania–Ministero dei Beni Culturali: presso la Spezieria della Certosa è possibile prendere il biglietto comprensivo dell’ingresso al monumento, alla Casa Museo Joe Petrosino, al Museo Civico Multimediale e al Battistero di San Giovanni in Fonte.

“Stiamo puntando molto sulla valorizzazione dei beni di Padula e nel solo mese di agosto abbiamo registrato 15.000 presenze, un risultato che ci incoraggia a proseguire lungo la strada intrapresa – dichiarano il sindaco di Padula Paolo Imparato e l’assessore alla Cultura Filomena Chiappardo –. La promozione si unisce, inoltre, al valore educativo dei Musei, tanto da aver lanciato un progetto di prevenzione della corruzione in sinergia con la Prefettura di Salerno e con il Liceo Pisacane, a cura del segretario generale del Comune di Padula Francesco Cardiello, che parte proprio dai contenuti narrati nella Casa Museo Joe Petrosino, unica casa museo in Italia dedicata ad un esponente delle Forze dell’Ordine”.

La Certosa di San Lorenzo è la più grande d’Italia, con i suoi 52.000 metri quadrati di estensione. Dal 1998 è Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

> di Sandro Dionisio,

Regista e Produttore


VOLTURARA (AV): LA PATRIA DEL FAGIOLO

Il Fagiolo Quarantino di Volturara Irpina è stato riconosciuto da Slow Food come eccellenza gastronomica, definendone il disciplinare d’intesa con il Comune e le aziende locali. L’importante riconoscimento di Slow Food, con la presentazione del presidio al Salone del Gusto di Torino, accende i riflettori sul centro in provincia di Avellino e sulla Piana del Dragone, immenso bacino carsico che fornisce l’acqua ad oltre tre milioni di abitanti in tre regioni: Campania, Puglia e Basilicata.

“La valorizzazione dei nostri prodotti tipici, come il Fagiolo Quarantino – sottolinea l’avv. Marino Sarno, sindaco di Volturara Irpina – potrà avere ricadute non solo in termini economici e occupazionali, ma anche per lo sviluppo di un turismo ambientale e sostenibile, che nella nostra Piana trova motivi di grande interesse come le escursioni sul monte Terminio, passeggiate a cavallo, visite all’interno della Bocca del Dragone, al Museo Etnografico ed al nostro centro storico, tutto da scoprire”.

> di Andrea Grillo

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