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Il Cuoco Galante: La Parmigiana, una storia italiana?

  16 Novembre 2018

Contesa tra Campania e Sicilia, con l’Emilia Romagna a rivendicarne il nome, la Parmigiana di melanzane, servita come succulento antipasto, ma anche come sontuoso contorno, rimane uno dei piatti tradizionali più presenti in ogni tipo di ristorante.

Eppure questo piatto di mezzo, esaltazione dei profumi della terra, vanta una storia antica e nobile, quasi quanto l’arte del galateo.

Cominciamo dal nome: il professor Montanari, docente presso l’Università di Bologna, distingue tra Parmigiana di melanzane e melanzane alla parmigiana; e già, perché il termine parmigiana non è un aggettivo, bensì un sostantivo indicante un pasticcio culinario a forma di scudo (parma).

Nella trattatistica antica, infatti, a partire dal Medioevo, molteplici sono le preparazioni “a la parmesana”, pasticci salati a base di carne ed in crosta di pasta, abbondantemente conditi con formaggio stagionato e fresco.

Al di là di tutte le differenze e le varianti che caratterizzano le varie preparazioni, il filo rosso che le unisce tutte è proprio il parmigiano, formaggio apprezzatissimo già nel Medioevo, quando se ne faceva grande commercio tra le varie corti europee, e che veniva inserito in tali pasticci sotto forma di ravioli ottenuti impastandolo grattugiato con l’albume d’uovo, talvolta arricchito ancora da erbe e spezie e successivamente cotto in brodo di carne.

Una delle prime parmigiane era proprio realizzata con carne di maiale lessata e sminuzzata, carne di pollo soffritta nel lardo, il tutto inframezzato dai detti ravioli e messi in una cassa di pasta decorata con l’arme del Signore: faceva bella mostra di sé sul desco nobiliare ed era servito nei piatti di mezzo prima dei servizi a base di frutta e pasticci dolci che concludevano il pasto.

La preparazione del piatto è di chiara matrice araba come dimostra la sovrapposizione di ingredienti comune a molte pietanze provenienti dall’Oriente. E le melanzane? Portate dall’Asia minore dagli Arabi, le solanacee attecchirono benissimo in Sicilia e da lì si diffusero senza problemi in ogni dove.

Nonostante il tardivo arrivo del pomodoro (la parmigiana come la conosciamo noi arriva solo agli inizi del XX secolo) il piatto attraversa i secoli e si trasforma in continuazione: Vincenzo Corrado, notissimo scalco presso le corti borboniche, usò zucchine e carote, Ippolito Cavalcanti adopera come legante il brodo dello stufato; in fondo passarono i secoli ma gli elementi chiave rimasero sempre gli stessi: un formaggio stagionato (parmigiano) uno fresco (fiordilatte o provola) melanzane fritte (al posto della carne di pollo e maiale) e una composizione a strati cotta nel pomodoro, quando i cuochi di fine Ottocento decisero di sostituire i grassi e di usarlo al posto del brodo di carne.

Né servono tutte le etimologie con le quali si è tentato di raccontare l’origine vera o presunta del piatto: dalla figurativa parmigiana, legata alla disposizione leggermente sovrapposta delle melanzane che richiamava la forma delle listarelle delle persiane, né l’origine araba del nome della solanacea.

Se è vero che la cucina nasce dalle commistioni di culture diverse, la Parmigiana, seppur modificata e riveduta nel tempo, conserva però le caratteristiche essenziali di un piatto tipico italiano, figlio della cultura cortese medievale che seppe influenzare e caratterizzare in maniera decisiva tutta la cucina, nobile ma anche plebea, della penisola italiana valorizzandone i suoi prodotti migliori.

> di Giovanni Serritelli

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