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Cronache dalla città: Etica partenopea

  09 Novembre 2018

“Professo’, tenetevi forte”!

Il professor Curzio D’Aponte seduto sulla vespa di Tonino Guerra, il bidello che gli stava dando un passaggio facendo gimkane tra pedoni e automobili, entrando e uscendo dai vicoletti della città sirena, che Napoli questa è: una città a coda di pesce, tremava.

“Toni’? E Dio Santo, voi non avete messo una sola volta una freccia”!

“Professo’, e voi siete pazzo? È una questione di privacy, questa è una città pettegola, tutti vogliono sapere i fatti degli altri, e già: ci manca solo che mettiamo i manifesti”!

L’anarchia atavica di Partenope, consolidatasi negli ultimi quarant’anni del post terremoto ’80 dove l’emergenza è diventata statu quo, ha fatto sì che il regolamento stradale sia diventato una pura formalità. La segnaletica stradale, assente o consunta, non agevola il rigore che ci dovrebbe essere nella guida, suffragata poi dalla tradizionale carenza di vigili e dalla cartellonistica orizzontale, che se non è divelta da teppisti è spesso modificata dai furgoni dei fornitori, autentiche macchine da guerriglia siriana che per riuscire a passare negli stretti vicoli napoletani abbattono tutto quello che si trova sul loro cammino. Tempo fa un turista piemontese ebbe a dire: “Oh, quale onore, avete intitolato un corso ai nobili Savoia”?

Era l’indicazione per Corso Amedeo di Savoia, il cartello era stato piegato preciso a portafoglio per fare passare un camion in una viuzza e si leggeva: Corso Savoia.

“Attenzione, attenzione”! Grida il bidello Guerra mentre affronta le maree umane dei vicoli.

“Tonino, ma come: attenzione? Chiedete permesso, siete voi che dovete stare attento”!

“Professore, e voi insegnate Antropologia ma di cristiani non ne capite. Se chiedo permesso dopo devo ringraziare, invece se chiedo attenzione dopo sono loro a essere riconoscenti”.

È l’altro passaggio epocale che lessico e etica fanno insieme, un napoletano non può chiedere scusa e allora modifica direttamente le regole e nel bus non chiede permesso ma: “Lei deve scendere?”, il soggetto anche al centro della vettura risponderà timido e quiescente: “No, mi scusi: prego”!

Perché un napoletano vince sempre, anche se pareggia.

>di Francesco Di Domenico

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