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Moio, il respiro del Vino.

  13 Novembre 2017
L'enologo Luigi Moio in intervista per Dodici: la forza è nell'uva campana.

Moio: parla l’enologo di fama internazionale

La nostra forza è tutta nelle uve della Campania.

La Campania ha fatto in questi anni passi importanti che hanno consentito la nascita di tante cantine. Fino a metà anni ‘90 si potevano contare sulle dite di una mano, oggi ci sono oltre 400 aziende, con alcune realtà grandi e molto importanti. “Vent’anni fa – dice Luigi Moio, ordinario di Enologia e presidente del Corso di Laurea in Scienze Enologiche presso l’Università Federico II di Napoli; presidente della Commissione di Enologia dell’OIV, Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino – la considerazione della vitivinicoltura campana non era quella di oggi: veniamo guardati con grande rispetto e i nostri vini sono apprezzati nel mondo. Molti sono consapevoli delle grandi potenzialità che ha questa regione, basate fondamentalmente sulla giusta visione di tanti operatori del settore e dei vari organismi del mondo vitivinicolo, che hanno fatto si che la Campania mantenesse quasi intatta la sua piattaforma ampelografica”.

Quali sono le ragioni di questo successo?

La forza della Campania sta nella capacità di produrre vini con uve campane, che abbiamo solo noi, uve che si sono adattate, per via di una selezione naturale operata nei secoli, ai vari contesti pedoclimatici della regione, fino al punto infatti, come dimostra la produzione di quest’anno, di sopportare bene anche il calore forte che abbiamo avuto e la siccità. La produzione è leggermente inferiore, ma nessuna delle uve campane ha sofferto molto: penso all’Aglianico e al Piedirosso, ma la buona qualità la registriamo su tutto, ovviamente nelle zone più favorevoli alla viticoltura.

E’ favorevole alla diffusione dei vitigni?

Bisogna fare attenzione: oggi che tutti si sono appassionati al settore vitivinicolo, si è piantato un po’ dovunque. E’ vero che abbiamo delle potenzialità, ma i vini e l’agricoltura di grande qualità devono tener conto delle vocazioni dei vari suoli: quindi bisogna individuare bene le aree dove fare viticoltura di qualità, nonché le varietà di uva da mettere in questi contesti, perché non si può piantare dappertutto, anche se abbiamo una terra fertile, così come non si possono produrre dappertutto vini di grande qualità.

Che ruolo ha, in questo settore, la ricerca scientifica?

Interviene proprio in questo, individuando bene gli areali, caratterizzando i suoli per creare un abbinamento perfetto con la pianta, analizzando gli effetti del riscaldamento climatico, che in futuro sarà sempre più ricorrente, per adottare adeguate soluzioni enologiche, plasmate e cucite sul contesto pedoclimatico, in modo tale da andare nella direzione importantissima della sostenibilità ambientale.

Perché è determinante, in questo settore, la sostenibilità?

Non bisogna oggi fare cose inutili che determinano spreco di economia, incidendo negativamente sul futuro. E’ necessario riflettere bene su tutto ciò che l’uomo oggi deve fare per andare avanti correttamente e preservare questo pianeta. Spesso, invece, soprattutto nel nostro settore, c’è una resistenza ideologica che ritiene che tutto si possa risolvere tornando a come eravamo una volta. Io non sono molto d’accordo perché questi obiettivi si perseguono, invece, soltanto con la logica, la tecnica e la scienza.

Il vino rappresenta le nostre radici…

La storia del vino è una storia di cultura della società occidentale, intrecciata con la storia dell’umanità. Nelle religioni il vino è stato utilizzato sempre come simbolo: nell’immaginario è il sangue di Cristo e viene ripreso nella Bibbia; tanti poeti ne hanno scritto e quindi c’è qualcosa di misterioso e di magico intorno al vino, anche in termini di idolatria pagana, se pensiamo a Dionisio e Bacco. Il vino ha un forte legame con la terra, è la sintesi del terreno in cui vegeta la vigna, e questo elemento di convivialità lo trasforma in un ambasciatore straordinario del territorio dal quale nasce, virtualmente ci fa viaggiare con la mente: se stiamo bevendo un vino campano a New York pensiamo alla nostra Campania, al Vesuvio. Sicuramente dobbiamo puntare a rafforzare la promozione del rapporto tra il vino ed i paesaggi a lui associati.

Ha intitolato il suo ultimo libro “Il respiro del vino”…

Attraverso il suo profumo, ovvero “Il respiro del vino”, sentiamo il legame vivente con la terra. Il vino ci comunica i territori, la vigna, la varietà, il suolo, il paesaggio, la tradizione e la storia degli uomini che l’hanno prodotto. La dimostrazione scientifica di questa unicità è un rito planetario: non appena una persona, anche se astemia, riceve un calice di vino, istintivamente lo accosta al naso. Non avviene per il cibo, lo si fa solo per il vino e dimostra che la parte bella, edonistica, quella che da piacere, è solo il profumo, che distingue quel vino come la più bella invenzione dell’uomo.

> Francesco Bellofatto 

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