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I Cento Anni di Unione Industriali: la storia di Napoli che produce.

  29 Marzo 2017

L’Unione industriali Napoli compie nel 2017 cento anni dalla nascita. Ambrogio Prezioso, presidente degli imprenditori partenopei dal 2014, presenta le iniziative per il Centenario.

Attrattività del territorio, innovazione dei processi produttivi e rigenerazione urbana: queste le parole chiave dell’Ing. Ambrogio Prezioso, Presidente dell’Unione Industriali di Napoli, che quest’anno celebra il suo primo secolo di attività.

Come celebrerete il vostro Centenario?

Gli eventi principali sono tre. Il 28 febbraio, presso il complesso universitario di San Giovanni a Teduccio, abbiamo discusso di Quarta rivoluzione industriale, Internet delle cose e Industria 4.0. Il 27 aprile, a Città della Scienza, il focus sarà sulle infrastrutture per la crescita, l’attrattività del territorio e la rigenerazione urbana. E poi c’è l’evento più importante, al quale è stato invitato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il 21 e 22 giugno al Teatro San Carlo. L’evento sarà dedicato al ruolo di Napoli e del Sud nello sviluppo sociale ed economico dell’Italia e dell’Europa. Ciascun convegno sarà concluso dall’intervento del Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e avrà i giovani come interlocutori privilegiati.

In che modo?

Attraverso i temi in discussione e le prospettive di analisi. Ai giovani è stato inoltre riservato un concorso con premio di 5.000 euro per l’artista autore della migliore immagine simbolo dei 100 anni dell’Unione. Le opere dei finalisti e del vincitore saranno esposte a giugno a Palazzo Partanna.

Che peso ha avuto Napoli in questi anni nel campo dell’economia?

Napoli vanta da sempre una grande tradizione, con una imprenditoria diffusa e numerose eccellenze. Non a caso l’Unione industriali Napoli è stata la prima a essere fondata nel Sud. Il suo primo presidente, Maurizio Capuano, era Amministratore della Sme, leader nella produzione e distribuzione di energia nel Sud. La nostra città è stata la prima in Italia, nel 1839, ad avere una ferrovia con la Napoli-Portici. A Castellammare di Stabia c’è la più grande industria navale per numero di operai. Anche i capitali stranieri hanno concorso per decenni allo sviluppo dell’impresa napoletana. Siamo stati punto di riferimento della classe produttiva della città.

Quali sono stati invece i limiti?

E’ mancato uno sviluppo che favorisse la crescita complessiva del sistema impresa. Ancora oggi scontiamo il fatto di avere poche medie imprese. Siamo carenti in quella dimensione che meglio favorisce il consolidamento di un tessuto produttivo, facendo da cerniera tra i top player e le piccole realtà. Ma Napoli e l’industria restano un binomio indissolubile.

In quali settori, in particolare?

Abbiamo presenze articolate dall’automotive al packaging, dall’agroalimentare all’elettromeccanica, dall’abbigliamento all’aerospazio e in settori diversi dal manifatturiero. Uno per tutti è l’armamento, in cui Napoli ha un primato nazionale assoluto che sfida i secoli. La voglia di fare impresa è connaturata alla città e si rinnova attraverso le generazioni.

E sul fronte dell’innovazione?

Napoli è la quarta città italiana per numero di start up innovative, vantando peraltro il primato nel settore della green economy.Qui si crea di tutto, dai bottoni intercambiabili e intelligenti utilizzabili come wearable devices, ai prefabbricati orientati al risparmio energetico, derivati dalla trasformazione di rifiuti in pannelli sandwich e a piattaforme social che digitalizzano percorsi turistici d’arte sperimentando interazioni ‘emotive’ con l’utente. La presenza di dipartimenti universitari di riconosciuta eccellenza come nelle tecnologie avanzate ha contribuito ad attrarre l’attenzione di Apple, che a Napoli ha voluto promuovere un polo europeo della formazione per lo sviluppo di applicazioni per il mobile.

Come far leva su questo patrimonio per avere sviluppo?

Le possibilità ci sono, sia per i talenti imprenditoriali che per le potenzialità di crescita presenti sul territorio, ma purtroppo non sono ancora adeguatamente sfruttate. Dobbiamo rilanciare l’industria manifatturiera, sviluppare quella del turismo e della cultura, realizzare significative rigenerazioni urbane, rendere il nostro territorio attrattivo, più vivibile, capace di calamitare investimenti internazionali. Le nostre energie sul territorio purtroppo fanno ancora fatica a ritrovarsi insieme per realizzare un obiettivo comune.

Quali sono i rapporti con il mondo dell’Università?

La nostra Associazione è legata da tempo alla Federico II da un protocollo di collaborazione per attività comuni. Anche alla luce del piano Industria 4.0, promuoveremo una collaborazione operativa sempre più stretta per favorire investimenti mirati delle imprese in innovazione e raggiungere i livelli di competitività necessari al loro successo sui mercati.

Quali le priorità per le imprese?

Dobbiamo promuovere con forza l’innovazione e potenziare istruzione e formazione, orientandole verso le mutevoli esigenze delle imprese, in costante evoluzione a causa di una domanda che cambia continuamente. Il progetto di creare le condizioni per attrarre investimenti produttivi sul nostro territorio deve coinvolgere, in un disegno più ampio, tutti gli organi di governo. Serve un Patto strategico con le Istituzioni locali e con il Governo centrale: dobbiamo saper fare fronte unico!

Quali sono le vostre parole chiave del 2017?

Coesione, inclusione, condivisione, cooperazione e interesse superiore dello sviluppo economico e sociale. Solo così si ripristina quella catena dell’affidabilità che richiama capitali e investimenti. Serve che la classe dirigente abbia una comune vision strategica, per tracciare e condividere insieme le linee guida di quello che sarà il nostro territorio nei prossimi anni, e per impiegare efficacemente risorse importanti ma non inesauribili.

Come attrarre le imprese sul territorio?

Potenziando e ottimizzando la logistica, i trasporti e l’intermodalità, le reti energetiche, le piattaforme tecnologiche. Serve una prospettiva che congiunga le istanze dei protagonisti del territorio con la pianificazione nazionale, nel quadro delle direttrici europee. In questa prospettiva uno strumento fondamentale come il partenariato pubblico privato, può esprimere il suo potenziale.

Quali sono le criticità e i punti di forza?

Abbiamo aree industriali abbandonate che da tempo attendono di essere riconvertite.

Ma avere due aree Sin in città da poter riqualificare è comunque un’opportunità per attrarre investitori e rilanciare il territorio. Abbiamo importanti infrastrutture, come aeroporto, porto, ferrovie, assi viari e interporti. Bisogna integrarle dando vita a una sola rete, i cui nodi siano efficacemente connessi. La nostra area è una naturale e straordinaria piattaforma logistica, a condizione che siano realizzate le connessioni.

Quale messaggio vuole lanciare l’Unione industriali Napoli con il Centenario?

L’evento vuole essere l’occasione per portare le ragioni di Napoli e del Mezzogiorno, e le opportunità che essi offrono, all’attenzione dei massimi livelli istituzionali. Napoli e il Sud possono crescere solo in un programma di sviluppo complessivo del Paese, di cui sono parte essenziale.  Ne è fortemente convinta Confindustria. Vogliamo che tutta la città possa identificarsi nel Centenario per ritrovare una centralità perduta di pensiero e di azione, far propri nuovi saperi e abilità, nuove scoperte e nuovi modi di fare impresa essendo una comunità consapevole.

> di Claudia Prezioso

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