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Consorzio Antico Borgo Orefici la tradizione si impara a scuola

  16 Ottobre 2016

Nel cuore di Napoli un vero e proprio Istituto diretto da Monticelli “per trasferire e difendere un’arte che è sopratutto patrimonio della città”

Non è tutto oro quel che luccica…o forse si?

Tra le eccellenze partenopee brilla (essì, è il caso di dirlo) il settore orafo, con un bel posto di rilievo scintillante. E per salvaguardare il il trasferimento dei saperi di quest’arte antica è intervenuto il Consorzio del Borgo Orefici con la costituzione di una scuola di formazione.

Le direttrici lungo le quali si muove l’azione del Consorzio – che insieme al Tarì di Marcianise e a Torre del Greco con il corallo costituisce il Polo Orafo campano – sono essenzialmente due.

La prima esigenza a cui rispondere è quella di formare una figura professionale: l’orafo, attraverso un corso biennale che rilasci una qualifica. Un vero e proprio laboratorio teorico-pratico, in cui si alternano lezioni di gemmologia ed economia a vere e proprie creazioni manuali.

La seconda è quella di costruire un sistema di inserimento nel mondo del lavoro attraverso la creazione di Creative lab in cui i diplomati possano realizzare i loro prodotti in uno spazio condiviso per 12 mesi, usufruendo dei benefici collegati all’essere parte del Consorzio; ma anche attraverso la creazione di un incubatore di impresa dove giovani startup possono proporre e sviluppare le proprie attività in un ambiente protetto fino a cinque anni.

«I vantaggi che derivano dall’inserimento in questo circuito – sottolinea il direttore del Consorzio Fabrizio Monticelli – consistono anche nel fatto che i primi clienti degli artigiani sono gli stessi consorziati, perché il settore orafo si caratterizza non solo per l’abilità e il saper fare, ma soprattutto per l’affidabilità. La natura estremamente preziosa delle materie prime rende la riconoscibilità un elemento fondamentale per interagire con la filiera dei fornitori e dei clienti».

Ma dietro questa scelta c’è soprattutto la necessità di trasferire e proteggere un’arte che è patrimonio della città, in un’ottica di salvaguardia dell’identità.

«La parola chiave deve essere “Napoli” – continua Monticelli – nella misura in cui l’internazionalizzazione del prodotto non è strettamente legata solo a un outgoing, cioè alla sua presentazione verso l’esterno attraverso le fiere. Ma soprattutto a processi di incoming, cioè alla valorizzazione del “brand Napoli”, con tutto ciò che racconta in termini di territorio.
Chi compra un gioiello, compra un racconto, un’emozione legata ai luoghi da cui nasce quel prodotto. E i giovani apprendisti sono chiamati a realizzare creazioni che non abbiano meramente l’aspetto della replicabilità, ma siano il risultato di un processo di storytelling. Da qui i gioielli archeologici legati a Pompei, i gioielli borbonici oppure i prodotti realizzati con designer napoletani che richiamano stilemi ed elementi simbolici della tradizione».

Sulla base di queste premesse, il naturale approccio del Consorzio è stato quello di creare sinergie con i principali attrattori del centro storico, dove appunto si trova la sede. Che si tratti del Tesoro di San Gennaro, del Museo Archeologico o dell’Archivio di Stato, l’importante è che il gioiello esprima l’identità della città.

Qui maggiori informazioni: http://www.borgorefici.eu/Corsi-di-Formazione.html

> di Giulia Savignano

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