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Contamination Lab, verso l’idea d’impresa e oltre

  27 Aprile 2016

Tra laboratori e startup, giunge al terzo ciclo il progetto sperimentale promosso dall’Ateneo federiciano e finanziato dal Mise e dal Miur

Con il termine contaminazione, nel linguaggio comune, si indica l’azione di un elemento su un altro a cui si trova associato. Con “ContaminationLab Napoli” ci si riferisce ad uno strumento «di raccordo tra il territorio, le imprese e le istituzioni culturali», un progetto promosso dal Dipartimento di Scienze Sociali dell’Ateneo Federico II e finanziato dal MIUR e dal MISE, oggi giunto al suo terzo ciclo. Di tale luogo di contaminazione, tra le individualità provenienti dai più disparati percorsi formativi, ne ha discusso per “Dodici” il professore Lello Savonardo, responsabile scientifico e referente di ateneo per il Contamination Lab, nonché docente di sociologia dei processi culturali e comunicativi. «Il Contamination Lab è essenzialmente una sfida che il MIUR ed il MISE hanno lanciato alle università italiane. Quattro di queste hanno vinto il bando “Startup” per realizzare un percorso formativo per chi, studente di qualsiasi ateneo e dipartimento della Campania, voglia sostanzialmente formarsi per sviluppare la propria idea di startup, attraverso l’acquisizione di nuove competenze». Viene data la possibilità di tramutare delle idee interessanti in progetti concreti, all’interno di uno stesso laboratorio. «Lì, le individualità, mescolandosi, trasferiscono reciprocamente le proprie competenze e le proprie attitudini. Nei team i ragazzi si orientano sviluppando quelle che poi si rivelano le idee più forti e rilevanti».
Seguendo il flusso ininterrotto della contaminazione, il Contamination Lab si rinnova nella sua terza stagione di corsi, laboratori ed interdisciplinarietà. Un dato emerge rilevante: il numero delle adesioni, di anno in anno, risulta essere crescente. «Siamo adesso al terzo ciclo del Contamination Lab. Al primo ciclo abbiamo avuto una cinquantina di adesioni. Con il secondo, sotto il numero cento. E anche con il terzo. Inizialmente ci siamo orientati su di un numero di studenti selezionati che oscillava intorno alle trentacinque unità, tuttavia, avendo ricevuto numerose richieste ed idee interessanti, abbiamo allargato il campo scegliendo oltre trenta studenti campani, provenienti anche dall’accademia o dal conservatorio, e più di cinque uditori, seppur non iscritti all’università, esperti con grandi idee provenienti dai diversi settori dell’imprenditoria giovanile».
Le attività del Contamination Lab, ideate per contribuire allo sviluppo di un progetto d’impresa, sono realizzate entro specifici ambiti, dalla green economy alla smart technology, e ancora arte e design, media e industria culturale. «Abbiamo cercato di accorpare i diversi possibili interessi entro quattro aree tematiche, sostanzialmente trasversali. Siamo sempre nell’ottica della contaminazione, non soltanto tra studenti provenienti da dipartimenti diversi, andando oltre il tipico approccio accademico».
CLab è oggi visceralmente proiettato verso un nuovo modo, la nuova maniera di fare impresa, indagando all’interno dell’ecosistema delle startup. I ragazzi sono accompagnati da facilitatori, il team di docenti, gli imprenditori che qui raccontano le proprie imprese ed altri sturtupper. C’è una stretta connessione tra l’idea ed i suoi progressi. «Accompagniamo i clabber nella definizione della propria idea, al fine di definire un pitch della startup, conseguentemente alla definizione dei piani economici, dei target di riferimento e delle specifiche esigenze alle quali la startup può rispondere» (foto di Diana Fevola).

di Danilo Capone

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