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Lezione di Leggerezza

  21 Luglio 2020

Salemme guarda alla necessità di misure urgenti per la ripresa degli spettacoli con l’auspicio che ritorni il contatto diretto che genera emozioni

Poco più che un ragazzo, inizia sotto la guida di Eduardo De Filippo costruendosi un suo originale percorso di autore, regista e attore in cui non si può non vedere la passione delicata e sapiente che ha voluto e saputo mostrare in tutti i suoi lavori. Da poco concluse le repliche su Rai 2 delle sue commedie andate in onda a dicembre 2019 in diretta televisiva dall’Auditorium Domenico Scarlatti della sede Rai di Napoli: Di Mamma ce n’è una sola, sulle finzioni e i paradossi, dove Salemme indossa panni femminili; Sogni e bisogni, favola surreale incentrata sul distacco di un “attributo” dal corpo del proprio “padrone”; Una festa esagerata, diventata film due anni più tardi. Sono passati pochi mesi ma sembrano secoli. Una chiacchierata con Vincenzo Salemme sul teatro e sul suo futuro.

Come è nato il progetto originale di portare il teatro in diretta tv? E cosa ha significato per te?

«Me lo chiese Antonio Parlati, oggi direttore del Centro di produzione di Napoli. Avevamo da tempo l’idea di registrare le commedie in televisione e anche Carlo Freccero fu entusiasta della cosa. È entusiasmante provare in contemporanea tre cose, toglie tanta farraginosità che il teatro si porta dietro. Una cosa è rispettare i metodi di una disciplina in scena, altra cosa è riportarle sul set. Noi dobbiamo sempre vivere il presente: questo è il compito del teatrante e la televisione in diretta dà la possibilità di manifestare la sua giusta natura».

Quali sensazioni hai avuto al pensiero che 2 milioni di persone stessero vedendo il tuo programma?

«Il pubblico in sala è come il pubblico in teatro, non te ne accorgi. La telecamera è come se fosse un occhio enorme, un occhio di 2 milioni di persone: l’adrenalina è la stessa. Poi quando ho letto lo share, sono rimasto stupito, ci vogliono quarant’anni di lavoro per fare il pubblico di una puntata in tv!».

Con queste tre commedie ripercorri gli ultimi 20 anni della tua carriera. Quali sono stati i cambiamenti?

«Scrivo e rappresento da più di 30 anni. Si impara grazie al pubblico. L’esperienza toglie la retorica e a volte controllarla ti dà il disincanto della professionalità. Ti senti più padrone della materia senza, tuttavia, sentirti presuntuoso. Gli anni di esperienza ti regalano un’umiltà che forse da giovane non conoscevo».

Due mesi di fermo di tutto il comparto dello spettacolo con danni enormi. Come vedi il futuro?

«Sono preoccupato. Riaprire i set con il distanziamento e mascherine è impossibile. Anche se mi rendo conto che la paura del virus obbliga a delle scelte paradossali. Credo che con il tempo dovremmo impegnarci a riportare la gente a ritrovare la voglia di socializzare. Abbiamo vissuto momenti difficili con il pensiero che chiusi in casa non succedeva nulla. Questo è perdere il tocco dell’imprevedibilità della vita. La vita è quando ti lasci andare, la vita è come un fiume che scorre e ci ti tuffi se hai voglia di vivere».

Cosa suggerisci di fare nell’immediato e quali misure ti sentiresti di proporre a sostegno del comparto?

«Si potrebbe pensare a un canale tv tematico con abbonati che, da casa, comprano il biglietto per lo spettacolo. E gli attori realmente in palcoscenico, a recitare in diretta. La sera si fa lo spettacolo e lo stesso può essere acquistato su un canale televisivo per vederlo in diretta o in rete sul canale YouTube. Si potrebbe scegliere un teatro da mille posti e accogliere 250 spettatori in platea, a distanza di sicurezza. Non importa quanti siano: l’importante è andare ancora in scena, non perdere il contatto con il pubblico. Proviamo subito a mettere su canali tematici gli spettacoli, collaboriamo con la televisione in modo da poter dare dignità a tanti lavoratori che in questo momento sono senza lavoro. Però qualcuno deve parlare di noi, qualcuno che ne capisca del mondo dello spettacolo, diamo voce alle persone che conoscono questo mestiere. Questa è solo una proposta con l’auspicio che ritorni il contatto diretto che genera le emozioni. Ricordiamoci che il teatro è la mamma di tutte le vite, il teatro è come la vita, un divenire, non lo puoi fermare mentre accade».

Cosa farà Salemme appena potrà ritornare a Napoli?

«Voglio correre al mare, tuffarmi e poi con la bocca che sa di acqua salata addentare una mozzarella».

di Daniela Rocca

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