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Plastiche e arte alla Fondazione Plart

  17 Luglio 2020

Conservare, studiare e promuovere un patrimonio culturale. Il successo di Maria Pia Incutti

Dei segreti degli oggetti Maria Pia Incutti ha intuito traiettorie e vettori, come innesti sottostimati, forme altre di vita nella vita quotidiana, eco di memorie e suggestioni. Un materiale – la plastica – e una Fondazione: Plart, che dal 2008 ospita un museo dedicato alla storia di questo materiale intrecciato all’evoluzione degli usi e costumi della società, dalla fine dell’Ottocento agli anni Settanta. Ma non finisce qui. Negli spazi del Plart dal passato si guarda al futuro grazie alla ricerca scientifica e all’innovazione tecnologica, ed è attesa per l’autunno l’inaugurazione di una nuova sede a Torino. La Presidente Incutti ha un curriculum che coniuga imprenditoria e cultura. Per oltre 30 anni manager alla guida dell’azienda Accessori Elettrici e Telefonici Srl del Gruppo Paliotto, presidente della Sezione Metalmeccanici di Napoli e membro del Consiglio Direttivo dell’Unione Industriali di Napoli, non c’è da meravigliarsi che Forbes Italia l’abbia inserita tra le 100 donne di successo per il 2020.

Come si diventa una donna di successo in un mondo in cui il potere continua a essere prevalentemente in mani maschili?

«La mia storia parte dal mondo aziendale e dell’impresa. Sono stata presidente della sezione metalmeccanica per la prima volta in un settore tradizionalmente maschile. Ho gestito tante aziende fatte esclusivamente da impiegati e operai uomini. Ho subito anche angherie, soprusi e minacce, ma sono andata avanti. E poi ce l’ho fatta. Più che il successo ho sempre voluto essere riconosciuta per le mie capacità professionali. Il riconoscimento più importante per me è stato da parte dei miei operai, i quali mi hanno stretto la mano da Nord a Sud dicendomi: lei è una persona in gamba. Ho dovuto affrontare un mondo difficile, ho pagato sulla mia pelle molto, perché avevo una famiglia e il lavoro è stato intenso. Ma non ho mollato, perché ci credevo come oggi credo nel lavoro culturale che sto facendo».

Lei ha salvato dalla dimenticanza e dall’abbandono oggetti che oggi raccontano il design. Come è nata la Plart?

«Nasco come collezionista di arte contemporanea: ho fatto l’avanguardia, la pop art. Quando negli anni Novanta Spinosa mi propose una mostra sulla mia collezione di plastica a Villa Pignatelli, all’epoca era proprio un azzardo. La mia formazione culturale mi ha permesso di immaginare una grande utopia, un museo sulla storia della plastica, e l’utopia è diventata realtà. Volevo mettere la mia collezione a disposizione del mondo sociale. Ho coltivato il mio progetto culturale auto-finanziato e se sono andata avanti è stato grazie al sostengo morale di mio marito Salvatore e dei miei figli, Rossella e Umberto. Ricordo anche Gino Nicolais, presidente del CNR, che è stato anche ministro: mi ha sempre incoraggiato. Grazie a me la plastica oggi è riconosciuta come bene culturale».

La sua è una ricerca orizzontale: dalla cultura alla ricerca scientifica e tecnologica per il restauro delle opere d’arte e design, fino all’impiego di plastiche naturali.

«Sul restauro delle opere in plastica e resine abbiamo precorso i tempi di almeno 30 anni. Siamo antesignani del settore e abbiamo già pubblicato due volumi importanti con la collaborazione della dott.ssa Giovanna Cassese e con Cecilia Cecchini della Sapienza di Roma. Ho una grande curiosità: mi piace la chimica e per formazione l’impatto sull’ambiente. Se la collezione, la storia, è incentrata sulle plastiche che vengono dal petrolio, il futuro è green. Esporrò solo artisti che facciano uso di plastiche in armonia con i cicli della natura. Credo che ognuno di noi debba mettere un granellino per salvare questo mondo, e questo è il mio».

di Simona Ciniglio

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