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Il must del Made in Italy: Cava de’ Tirreni città del sigaro

  18 Aprile 2020

A Cava de’ Tirreni uno dei centri più importanti per la coltivazione del tabacco

Il sigaro Toscano con i suoi duecento anni di storia è un prodotto di eccellenza del made in Italy che racchiude in sé il fascino di una antica leggenda. Si narra infatti che un giorno del 1815 nella Manifattura di Firenze una partita di tabacco lasciata a essiccare al sole estivo fu bagnata da un violento acquazzone. L’imprevista pioggia fermentò il tabacco regalandogli un insperato gusto “nuovo”.

La tradizione vuole che le prime coltivazioni di tabacco, in Campania, risalgano a Gioacchino Murat ai tempi del Regno di Napoli. Il disfacimento del Regno non bloccò mai la produzione di tabacco che, da allora, continua ad essere elemento importante dell’economia cavese.

Infatti, la coltivazione del tabacco nella valle metelliana ha radici antiche e risale alla fine del 700, inizi 800. Furono prima i francesi, nel decennio napoleonico, e poi i Borboni a incentivare la coltivazione del tabacco, allora principalmente da fiuto (detto erbasanta), non solo nel territorio agro-nocerino, da Cava a Vietri, ma anche nelle aree non paludose della Piana ad est di Salerno. Per quanto riguarda la trasformazione e la produzione di lavorati della foglia, già nel 1845 è attiva nel territorio una succursale delle manifatture napoletane. Cava de’ Tirreni è uno dei centri più importanti nel salernitano per la coltivazione razionale del tabacco; anzi ha un primato che nessuno le può contendere. Non senza ragione, quindi, Cava da anni è sede di una delle dieci Direzioni Compartimentali esistenti in Italia dove trovano impiego numerose donne.

Nel tempo, poi, la lavorazione si estende ad altri brand. Nel 2006 un gruppo di imprenditori italiani acquisisce dalla British American Tobacco Italia il ramo d’azienda che produce e commercializza i sigari a marchio Toscano riportando in mani italiane un brand nazionale storico. «Con i suoi 200 anni di storia, il sigaro Toscano si lega indissolubilmente al percorso e all’evoluzione della storia italiana. Un elemento della cultura e della creatività della grande industria manifatturiera italiana che diventa simbolo dello stile di vita italiano», spiega Stefano Mariotti, direttore generale di Manifatture Sigaro Toscano di Cava de’ Tirreni che dal 1912 è una delle sedi principali di produzione dei sigari a marchio Toscano destinati sia al mercato nazionale che a quello estero.

Quella del sigaro Toscano è l’unica filiera tabacchicola interamente italiana, con circa 220 tabacchicoltori concentrati in Valdichiana, Valtiberina, Lazio, Campania e Veneto, 1.800 addetti, un centro di ricevimento, perizia e sviluppo tabacco (Foiano della Chiana) e 2 manifatture (Lucca e Cava dei Tirreni). I coltivatori di Kentucky, prodotto principalmente nella zona del beneventano, rappresentano l’anello strategico della catena produttiva del sigaro Toscano. «Un prodotto storico come il Toscano, per crescere ancora in futuro, deve rinnovarsi senza perdere la qualità della materia prima e la cura nella lavorazione», prosegue Mariotti.

Ma le aziende del sud hanno maggiori difficoltà rispetto a quelle che risiedono al nord, nelle aree industrializzate. Le imprese del sud hanno difficoltà a generare cambiamento e innovazione. «La realtà del Mezzogiorno – precisa Mariotti – è fatta da poche imprese e piccole, uno scenario al quale si aggiunge la rigidità del mercato del lavoro, che penalizza maggiormente le regioni in ritardo rispetto alle altre, i lunghissimi tempi burocratici, fino ad arrivare al problema della struttura proprietaria spesso di derivazione familiare». Le piccole imprese del sud Italia, inoltre, il più delle volte non hanno accesso a finanziamenti bancari destinati alle attività di ricerca in grado di generare cambiamento e innovazione. Il tasso di cambiamento e la capacità di innovazione sono considerati fattori decisivi per innescare il progresso economico di un territorio e la competitività delle imprese locali.

Ma anche investire sempre di più sulla formazione delle risorse umane. Servono nuovi profili professionali e aggiornamento di competenze. «Ritengo che tanto la preparazione universitaria quanto imparare sul campo siano fondamentali in un percorso di carriera. L’una non esclude l’altro, anzi, sono complementari: un solido percorso accademico unito all’esperienza rappresenta un mix vincente per ricoprire ruoli manageriali – chiarisce Mariotti –. Per un manager è fondamentale focalizzarsi sui risultati, sulla crescita dell’organizzazione, sulla qualità e sull’eccellenza, sulla cura dell’ambiente di lavoro, sulla gestione e sul benessere dei dipendenti, non dimenticando di ispirare le proprie azioni a tematiche inerenti alla responsabilità sociale verso la comunità».

> di Paola Lamberti 

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