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Arte a Napoli: gli anni ’80 “Terrae Motus”

  23 Gennaio 2020

Le arti visive negli anni Ottanta a Napoli furono profondamente condizionate dai drammatici eventi tellurici di quell’indimenticabile 23 novembre: eppure, da quella sciagura nacque il prodigio “Terrae Motus”, una collezione voluta da Lucio Amelio, per cui Napoli ribadì la sua vocazione di città centro della ricerca e della riflessione artistica a livello nazionale e internazionale oltre che restituire all’arte contemporanea un compito anche civile, di denuncia e riflessione sociale. La collezione “Terrae Motus” – una storia che appartiene a quella parte di Napoli che non sa e non vuole rinunciare ad essere protagonista del suo destino – fu costituita fisicamente subito dopo il terremoto, come necessità di porre attenzione al contesto storico, umano e urbano di quel periodo e di riuscire a reagire creativamente alla devastazione. Bisognava esorcizzare il quotidiano drammatico del post-sisma lasciandolo declinare dagli artisti chiamati a raccolta dal noto gallerista, fra quelli già affermati ma anche fra quelli individuati come giovani promesse.

Ciascuno secondo la propria inclinazione, sensibilità, ideologia, in un confronto fra generazioni, ricerche, linguaggi, difformità di esperienze e pensiero poetico, gli artisti invitati reagirono creativamente, come spiegò Amelio, “attraverso un processo, già in atto da molti anni nella mia galleria, così il nostro impegno diventò più frenetico, toccava a noi tutti osare per abbattere gli ostacoli, e spostare le macerie. L’arte doveva prendere il suo antico ruolo di testimonianza e guida morale”. L’arte si poneva così in una prospettiva diversa, quella di conformarsi quale organismo in perenne crescita. Per la galleria di piazza dei Martiri a Napoli, ormai riattivata dopo le scosse, gli artisti, sotto la spinta di Amelio, realizzarono lavori che confluirono nella straordinaria collezione. Fra le tante, sfilarono le opere di Kosuth, Brown, Cragg, Richter, Haring, Barcelò, Long, Mapplethorp, Wharol. Nel 1984 “Terrae Motus” venne esposta, in tre momenti, presso la Villa Campolieto a Torre del Greco, luogo diventato da ignoto al mondo dell’arte, a sede di un evento mediatico di massa, con file di pullman che accompagnavano collezionisti stranieri e direttori di musei internazionali. Tra i nuovi artisti scelti da Amelio in quegli anni apparvero McDermott & McCGough, Bowes, Boetti, Schuyff, Baseliz, Taaffe, e poi gli storici Longobardi, Tatafiore, Fabro, Brown, Kounellis, Paolini, Paladino.

Nel 1987 “Terrae Motus” fu al Gran Palais di Parigi e visitata da circa ventimila ospiti. È così, quasi per gioco, da Napoli Amelio diede al mondo una delle raccolte più importanti e atipiche di arte contemporanea. Ancora oggi è senza dubbio una delle più stimolanti e affascinanti situazioni creative dei nostri giorni, atta, tra l’altro, a valorizzare le risorse e i talenti del Mezzogiorno, superando le diffidenze e le difficoltà del momento.

Dal 1994, dopo non poche vicissitudini, la Collezione Terrae Motus, seguendo le disposizioni testamentarie di Amelio, è di stanza presso la prestigiosa Reggia di Caserta, nei luoghi delle retrostanze dell’Appartamento settecentesco, dove occupava uno spazio espositivo di sedici sale. L’allestimento attuale (provvisorio) è stato invece realizzato in occasione del Trentennale del sisma del 1980. Sono visibili solo alcune opere, divise in sezioni geografiche, che raggruppano i lavori in base alla nazionalità degli autori come Miquel Barcelò, Tony Cragg, Gilbert e George, Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Julian Schnabel. Non mancano, infine, gli italiani come, ad esempio, Nino Longobardi, Carlo Alfano, Enzo Cucchi, Mario Merz, Gianni Pisani, Mimmo Palladino, Fermariello, Michelangelo Pistoletto ed Emilio Vedova. A Napoli, sopra vecchie e nuove macerie, “Terrae Motus” di Lucio Amelio, mezzo efficace per raccontare la storia dell’uomo e le sue vicende, ha avuto il grande merito di ricostruire una nuova ed emancipata idea dell’arte per gli anni a venire; un’idea che tutti dobbiamo sostenere, curare, attraversare, beneficiare e salvaguardare come monumentum aere perennius.

> di Loredana Troise

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