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Il ritorno di Monsignore

  31 Ottobre 2019

Dopo 25 anni storica reunion tra Peppe Barra e Lamberto Lambertini.

Torna in scena, in una nuova edizione, un testo giocoso e surreale.

L’attore: Ricominciamo dove avevamo smesso, per farvi divertire.

L’appuntamento è per i veri amanti del Teatro, quello con la “T” maiuscola: venerdì 25 ottobre, al Teatro Sannazaro, va in scena “I cavalli di Monsignor Perrelli”, spettacolo che segna la “reunion” di Peppe Barra e Lamberto Lambertini che, dopo 25 anni di separazione, tornano a lavorare insieme. “La scelta – spiega il regista Lambertini, firma storica dei lavori di Peppe e Concetta Barra – cade su questo testo giocoso e surreale, in quanto rappresenta un’incredibile materia prima, aperta per una rinnovata messa in scena, che diventa uno scherzo in musica in due tempi, nei canoni e nello stile della commedia all’antica italiana”. Uno spettacolo ironico, dal ritmo coinvolgente, una “prova d’attore”, come si diceva un tempo, ma anche una prova d’amore verso l’arte del teatro, come luogo rituale, “dove l’attore, immerso nel suo mondo come un pesce nel suo acquario – prosegue Lambertini – possa trasformare, complice il pubblico, i suoi incubi in un sogno condiviso”.

Il lavoro nacque nel 1991, in occasione di “Città Spettacolo” a Benevento (unico spettacolo senza Concetta Barra, dopo dieci anni di creazioni della Compagnia di Barra e Lambertini): “ricominciamo da dove avevamo smesso – aggiunge Peppe Barra – con lo stesso spirito di divertirci e far divertire, offrendo uno spettacolo gradevole”. Il segreto? Forse nell’amicizia e nel rispetto verso il pubblico: “probabilmente andiamo contro la domanda – dice Barra – ma chi vie- ne a teatro non cerca la volgarità e sa apprezzare le belle proposte e uno spettacolo fatto bene”. L’epoca è quella di Ferdinando IV di Borbone: si dice che lo stesso re e la regina Carolina, attendevano con ansia le visite del caro Monsignore, per cominciare la giornata con qualche sana risata. Fu così che nacque la leggenda di Monsignor Perrelli, qui interpretato da Patrizio Trampetti.

“Un uomo di chiesa, ma anche un eccentrico uomo di scienza – sottolinea Lambertini – che spiattellava invenzioni stupefacenti, impossibili, al limite della cretineria, che sono diventate il corpo leggendario della vita di quell’involontario portatore sano di pura, infantile follia, che racchiudeva, nel bene e nel male, le caratteristiche dell’aristocratico campagnolo al tempo del Borbone. In questo spettacolo viene messo in rapporto, e contrasto, con Meneca, la sua fedele perpetua, vittima rassegnata delle sue stramberie, interpretata da Peppe Barra, travestito da donna per la prima volta dopo i tempi della Gatta Cenerentola, la quale, stremata dalle continue imbecillità, o vizi, come quello del cibo, del suo padrone, si sfoga, a tu per tu con il pubblico in sala, con irresistibili monologhi. Ma, come accade in ogni coppia che si rispetti, continuerà ad accudirlo con le sue amorose attenzioni, tenendolo al laccio con la sua arte culinaria di schietta tradizione campana. Monsignore ha la testa tra le nuvole, Meneca ha i piedi per terra, due esseri distanti e vicinissimi”.

La scenografia è di Carlo Demarino, con il Vesuvio che incombe fumante dal balcone della villa; i costumi di Annalisa Giacci e la musica originale di Giorgio Mellone rimandano al primo Ottocento. Oltre ai due protagonisti, Peppe e Patrizio, complici fin dagli anni Settanta di spettacoli colti e popolari, vi saranno altri due attori/cantanti, Luigi Bignone e Enrico Vicinanza, che dopo essere apparsi, in un incubo del Monsignore, nei panni del Padre e della Madre, rivestiranno altri personaggi, la serva, il cocchiere, i cavalli morti di fame, le anime purganti, con intermezzi canori, con arie originali e rare che affondano nel profondo labirinto della memoria.

> di Raffaele Rinaldi

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