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Matera 2019, laboratorio per il Sud

  24 Aprile 2019

Innovazione sociale, cultura e sviluppo locale

L’esperienza che Matera avrà durante il corso del 2019 come Capitale Europea della Cultura va osservata con grande attenzione in quanto, come prima città italiana del sud a ricevere il titolo, può rappresentare, soprattutto per i territori del mezzogiorno, ma non solo, un grande laboratorio sui temi della contemporaneità, da cui mutuare visioni e progetti, intorno ai quali costruire percorsi di sviluppo locale orientati dalla cultura e dalla creatività.

Lo scopo principale che si prefigge il programma Capitale Europea della Cultura, secondo gli intenti della Commissione Europea, infatti, non è quello di permettere la realizzazione di un grande evento culturale per migliorare l’attrattività del territorio, sotto il profilo turistico, ma quello di attivare un incisivo processo di innovazione sociale trasformativa, caratterizzato dalla partecipazione attiva della comunità e dei  cittadini, in cui sperimentare pratiche innovative di dialogo tra le culture, di imprenditorialità, di welfare, di gestione dello spazio pubblico, all’insegna della sostenibilità e della coesione sociale. Come evidenziato da Pierluigi Sacco, economista della cultura e special adviser presso la Commissione Europea, non a caso, il titolo viene assegnato con cinque anni di anticipo proprio per consentire al progetto di potersi sviluppare, nel tempo, in tutto il suo potenziale di community building, in un percorso che sia realmente capace di contribuire a modificare la traiettoria di sviluppo della città e del suo territorio e di produrre effetti duraturi che vadano oltre l’anno del titolo.

Matera sembra aver raccolto la sfida con efficacia sviluppando un programma ambizioso e innovativo che mette al centro il concetto di cittadinanza culturale che include, oltre i cittadini materani, anche tutti coloro i quali, in varie modalità, partecipano alla vita culturale della città. Esso è imperniato, oltre che su un intenso programma artistico, su due progetti chiave: I-DEA, Istituto Demo Antropologico, e ODS, Open Design School. Il primo si propone di mettere in rete (metaforicamente e letteralmente) i numerosi archivi della Basilicata in un sapere unico per fornire materia prima ad artisti, ricercatori, creativi, studenti, insegnanti e imprenditori, consentendo loro di avvalersi di una nuova cartografia culturale, che sia anche modello di riferimento per altri paesi europei, per sviluppare progetti innovativi per rafforzare l’identità competitiva territoriale. Il secondo è il luogo dove il futuro prende forma. Un laboratorio progettuale produttivo di respiro europeo costruito intorno ai principi del’open culture e alla ibridazione tra il digitale, il manifatturiero e il design thinking. Una scuola e un living lab di sperimentazione e innovazione interdisciplinare nella quale designers, artigiani, makers digitali, sviluppatori e imprenditori potranno apprendere e prototipare.

Nel dossier di Candidatura di Matera 2019, intitolato “Open Future”, nella parte introduttiva dove sono esplicitati gli obiettivi, vi è un passaggio molto significativo: “La cultura: propellente per pensare a un futuro aperto” che restituisce il senso profondo del progetto e chiarisce che “a Matera, come nel Sud, cultura, conoscenza e innovazione rappresentano la vera opzione, soprattutto per i giovani, per pensare ad un futuro in cui non si sia obbligati ad abbandonare definitivamente la propria terra, in cui sia plausibile l’idea di coltivare e far crescere le proprie aspirazioni, in cui si possa invertire il flusso attirando dal mondo idee, talenti, investimenti e comunità di investimento e di innovazione”.

Nell’attesa di valutare l’impatto del programma di Matera 2019, alla fine del suo svolgimento, non vi è dubbio che il valore della metodologia promossa dal programma Capitale Europea della Cultura risieda, in larga parte, nella sua capacità di abilitare gli ecosistemi territoriali a pratiche collaborative di progettazione integrata, pianificazione strategica e a processi di partecipazione attiva dal basso orientandoli verso modelli di sviluppo, più responsabili, capaci di esprimere visioni e risposte che meglio si possano adattare alle sfide poste dall’economia della conoscenza.

> di Fabio Borghese,

Direttore Creactivitas Creative Economy Lab

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