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Mappe Interiori: Castelvetere sul Calore, la Gerusalemme di De Sanctis

  15 Febbraio 2019

Descrivendo il proprio arrivo a Castelvetere sul Calore (Av) dopo un massacrante viaggio a dorso di mulo, il grande letterato napoletano Francesco De Sanctis – in fuga dal colera del 1836 – annotò: “Il cuore mi si è allargato come fossi giunto a Gerusalemme”. Oggi ci si arriva in un’ora di macchina, ma la sensazione di benessere che si prova all’arrivo è la stessa. Il ritmo convulso della città appare un ricordo lontano, e l’aria fresca e profumata, le case di pietra, i vicoli assorti del borgo dominato dal castello – e perfettamente ristrutturati per dar vita a una deliziosa interpretazione del concetto di albergo diffuso – ci portano a ritroso nel tempo.

A guidarci nella visita di questo paese irpino a 750 mt slm, nel cuore del comprensorio vinicolo del Taurasi, è Michele Ferraro, maestro di tiro con l’arco (tra i suoi allievi Evelina Cataldo e Chiara Romano, già medaglia d’argento agli Europei junores a squadre nel 2012), e anfitrione del luogo. È lui a spiegarci che il paese è cresciuto intorno alla cellula del maestoso castello del X secolo, dalla cui ripa alta si gode un panorama straordinario  sulla valle del Calore, che si spalanca no alle alture della Murgia pugliese. Del borgo antico fa parte anche la settecentesca Chiesa Madre di Castelvetere, dedicata all’Assunta, in memoria di una miracolosa apparizione della Madonna delle Grazie, e meritano di essere segnalate anche la chiesa di San Michele, l’oratorio della Madon- na del Monte Carmelo, la Fontana dello zoppo (ex lavatoio pubblico) e il Convento di San Martino. Splendido è il contesto naturale, con boschi incon- taminati dove, a seconda della stagione, si può an- dare in cerca di funghi, di fragole, di origano selvatico o di tartufo.

Né mancano le eccellenze nell’artigianato gastronomico: cecaluccoli, cavatielli, orecchie ‘e prieuti, sopersate (soppressate), sausicchi.
Su tutto questo – sapori, luoghi, tradizione – ha puntato una giovanissima imprenditrice, Marsia del Sorbo, che insieme alla famiglia ha creato L’Osteria: “Offriamo il meglio dei prodotti irpini, ma non solo. E una carta dei vini molto ricca, con particolare attenzione per le nostre DOC e DOCG d’eccellenza. Abbiamo voluto un locale con non più di 40 posti, per poterci sempre dedicare ai nostri clienti uno per uno: è la nostra filosofia”, spiega Marsia con orgoglio.

E aggiunge un pensiero che non possiamo non condividere. “Quando vedo le persone soddisfatte, spesso affascinate, mi sento era di appartenere a questa terra”.

> Flavio Pagano, scrittore

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