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Bonanni, l’arte controcorrente

  10 Gennaio 2019

Una vita fra sport da combattimento e arte, rispetto per le regole e vocazione a infrangerle, ferrea disciplina e attrazione irresistibile alla ribellione; fiorentino classe 1967, Tiziano Bonanni è un artista controcorrente che rivendica il valore delle competenze con una passione viscerale per la sua città e per i miti rivisti con una forza tutta nuova. Un percorso artistico da outsider che dagli anni ottanta ad oggi ha indagato gli aspetti dell’identità, dal crollo del muro di Berlino all’era dell’intelligenza artificiale.

Come riesce a conciliare aspetti così rigorosi della personalità con istinti tanto diversi fra loro? È un po’ come vestirsi  in frac e camminare a piedi scalzi…
Quando ero piccolo sono cresciuto per strada, presto ho iniziato a fare judo e camminare scalzo per anni su centinaia di tatami, ma ho dovuto anche fare i conti con la realtà che ha una forgia molto più resistente dei sogni; è così che ho imparato a pensare a doppia circolazione, a capire che devi disciplinare l’istinto in maniera tale che mantenga la sua preziosità primordiale ma nello stesso tempo si renda disponibile a un dialogo con te stesso e gli altri, altrimenti è una macchia che crea confusione e paura, può essere il tuo peggior nemico. Nella stessa misura il predominio della “ratio” uccide l’intuizione e fa di te un uomo freddo e pragmatico, il perfetto contrario di un buon artista.

Durante questo lungo periodo di ricerca artistica ha sempre lavorato sul concetto dell’identità come reale valore della personalità. C’è qualcosa di autobiografico?
Nell’identità c’è una stratificazione di miti, di archetipi della personalità che in ogni tempo si cambiano d’abito; mi ha sempre affascinato questo substrato primordiale che può vestirsi con giacca e cravatta, oppure come un mendicante coperto di stracci, apparire in tanti modi diversi pur essendo uguale nella sostanza. Mi ricorda Ulisse che affronta i Proci con l’aspetto di un vecchio straccione, oppure gli Dei dell’Olimpo che si mostrano agli umani in forma di bambini, animali o altre forme per eludere la loro vera identità. Negli ultimi anni della nostra storia abbiamo assistito ad una lenta smaterializzazione della nostra personalità e di conseguenza ad una grande perdita di valori in termini umani e sociali. Autobiografico certamente si, anche perché c’è qualcosa di enormemente attraente in questa dualità che ritroviamo, probabilmente, nel profondo di ognuno di noi sempre diversa. Il mio è un racconto dell’identità per immagini che attraverso l’arte si afferma in modo sempre diverso in un ciclo perpetuo; in fin dei conti l’artista è un abile demiurgo.

L’intelligenza artificiale potrebbe evolversi a tal punto da competere con la creatività umana?

I processi creativi delle macchine sono programmati dall’uomo e si realizzano mediante l’elaborazione di miliardi di dati. L’intelligenza artificiale può essere talmente perfezionata da assumere anche una coscienza propria ma non potrà mai possedere ciò che chiamiamo intuizione. Il limite delle macchine è insito nella loro perfezione contrariamente alla mente umana che possiede un potere illimitato insito nella sua imperfezione; è per questo che le macchine non potranno mai competere con la creatività umana.

Ogni artista è sempre un sognatore, il suo sogno qual è?

Sembrerà strano ma non ho sogni nel cassetto…li avevo ma li ho realizzati tutti! Oggi mi piace vivere i sogni di altri, degli amici, dei miei figli e aiutarli a realizzarli.

Volendo scavalcare i luoghi comuni cosa consiglierebbe di “non fare” ai giovanissimi creativi di oggi?

Io faccio parte di una generazione intermedia a cavallo fra primo e secondo millennio che è stata testimone di grandi cambiamenti. Questi sono stati i responsabili di un’estinzione massiccia di tante tradizioni, convinzioni, professioni, ma hanno consentito a chi è rimasto in piedi di rinforzarsi tantissimo in termini di esperienza sul campo e tattica di gioco; i giovani non sono sufficientemente preparati ad affrontare le sfide e soprattutto le aspettative disattese, i fallimenti, vivono in una dimensione sospesa dove credono che “il grande risolutore” sia Internet, ma è un grave errore. A coloro che decidono di intraprendere una professione nei settori della creatività e nell’arte contemporanea consiglio di non farsi soggiogare da scorciatoie pubblicitarie e venditori di fumo, ma investire tutto sulle competenze tecniche, sull’affidabilità che puoi offrire a chi ti paga o ti compra e, soprattutto, “non fare” mai ciò che non puoi permetterti di mantenere perché si può anche cadere ma bisogna essere in grado di rialzarsi, sempre.

Nella vita privata che uomo è?

Sono un tipo che si mescola con il mucchio, se gli altri non ti notano troppo si rivelano in maniera più autentica, ti sentono uno di loro. Da ragazzo mi sono abituato a non chiedere mai niente, a muovermi senza fare troppo rumore e ad essere sempre autosufficiente anche in condizioni estreme; mi portavo sempre dietro ago, filo e disinfettante per cucirmi la pelle quando mi ferivo durante gli incontri. Oggi sono un padre di famiglia che tiene moltissimo al suo senso d’indipendenza pur rimanendo sempre connesso con la mia famiglia. Sono abbastanza nostalgico e stanziale, ho bisogno del mio tempo libero per allenarmi e pensare perché mi è indispensabile per creare qualcosa che valga la pena di essere vista. Sono appassionato di moto, leggo e colleziono fumetti e mi invento sempre nuove sfide; non per vincerle ma per valutarne il rischio e capire i miei limiti.

> di Andrea Grillo

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