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Al MANN il dramma dei migranti nel Mediterraneo

  14 Febbraio 2018
Paolo Giulierini all' interno del museo nazionale archeologico di Napoli

La celebre anatomopatologa Cristina Cattaneo, medico legale che lavora restituire l’identità ai migranti morti in mare, la scrittrice e giornalista Caterina Soffici e il fotografo Antonio Biasiucci venerdì 16 febbraio saranno al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Sala del Toro Farnese, ore 18, ingresso libero) per “Quel che resta di noi”, un incontro che riflette appieno lo spirito di Fuoriclassico, lo spazio che il MANN riserva alla “contemporaneità ambigua dell’antico”. La rassegna, il cui tema si pone in rapporto ideale con Ovidio (a duemila anni dalla morte) e con Vico (a 350 anni dalla nascita), è promossa dal MANN e dal suo direttore Paolo Giulierini, con le associazioni “A Voce alta” e ”Astrea. Sentimenti di giustizia”, ideata e curata da Gennaro Carillo.

“Il MANN è molto vicino ai temi scottanti dell’attualità – dichiara il direttore Giulierini -. Si pensi ad esempio che presterà opere molto importanti per una mostra dedicata alla schiavitù nell’Impero Romano che sarà organizzata a Detroit. Se non vogliamo che i superstiti del Mediterraneo si trasformino in nuovi schiavi, li dobbiamo accogliere facendo ognuno la propria parte. Il MANN scegliendo come suo ambasciatore Erri De Luca e lavorando moltissimo nei progetti di integrazione sociale non si sottrae dal proprio compito. E Gennaro Carillo con Fuoriclassico chiude il cerchio di questa nostra apertura al mondo”.

“Il tema Quel che resta di noi è attinto alla tragedia classica – spiega Carillo -: l’atto culturale della sepoltura, la restituzione di dignità e identità al corpo morto, il destino del nemico ucciso. L’occasione di riflessione è offerta dal dramma dei migranti annegati nel Mediterraneo, dalla prova di umanità alla quale i loro corpi – estranei, in tutti i sensi – ci chiamano”. Cristina Cattaneo, ordinario di Medicina legale alla Statale di Milano è direttrice del LABANOF, il Laboratorio di Antropologia e Odontologia forense nel quale si lavora per restituire l’identità ai migranti, e non solo, a partire da tracce piccolissime. “Un lavoro che – osserva la Cattaneo – non è tanto un atto di pietas verso i morti quanto un atto di rispetto per i vivi, per coloro che rivendicano i corpi dei propri cari. Sono anche questi vivi in attesa straziante il grande rimosso della tragedia che si consuma nel Mediterraneo”.

Con Cristina Cattaneo interverrà Caterina Soffici, scrittrice, autrice di un romanzo, “Nessuno può fermarmi” (Feltrinelli, 2017), ispirato a una storia vera che mostra le intermittenze della Storia: il naufragio dell’Arandora Star, la nave inglese stipata di italiani, internati dopo la dichiarazione di guerra di Mussolini all’Inghilterra. Ne morirono 446, i cui corpi furono restituiti dal mare anche a grande distanza di tempo dal siluramento della nave. Questa tragedia dimenticata dimostra che anche gli italiani sono stati oggetto di deportazione, che sono stati migranti, che anche gli italiani hanno trovato una morte atroce per acqua. Il contrappunto visivo sarà affidato ad Antonio Biasiucci, che ai migranti ha dedicato un lavoro di straordinaria potenza di suggestione: “Migrazioni (e altre metamorfosi)”.

Quel che resta di noi è dunque un dialogo del tutto inedito a tre voci su un tema classico, quello della restituzione. Un dialogo su quel che resta della nostra umanità, specie se si considera che per Vico e, prima di lui, per Varrone, la parola umanità deriva etimologicamente da humare, dare sepoltura, sottraendo il corpo dell’altro alla dissoluzione che altrimenti opererebbe la materia bruta.

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