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QUANDO LA CHITARRA PARLA BLUES: LA VOCE DI ANTONIO ONORATO

  05 Gennaio 2018

Il musicista campano parla della sua attività e di “Vesuvio blues”, il suo ultimo album.

“Ognuno ha un suo blues, non ci interessa dargli un nome, tutti abbiamo un blues da donare agli altri…” così rispose  Jimi Hendrix  alla domanda  del giornalista Jay Ruby sulla definizione del termine “blues”. Ci sono blues e blues quindi, perché definirlo, perché imbrigliarlo? Il blues puo’ scivolare, ora lento come musica della nostalgia, ora gioioso, smuovere anime, capace di alimentare sentimenti di determinazione e libertà; c’è un blues da piangere e uno per sorridere e poi c’è un blues che profuma di ginestra e brucia come il magma ardente del Vesuvio. E’ quello di Antonio Onorato che per il suo 26° album sceglie proprio  il titolo “Vesuvio blues” in cui sperimentazioni e novità la fanno da padrona. Il chitarrista, che vanta una carriera artistica ventennale di grande rilievo nel mondo del jazz (è uno dei pochi jazzisti italiani che ha tenuto un proprio concerto al Blue Note di New York, tempio storico del jazz internazionale),  ha abituato il suo pubblico ad amare il suo linguaggio fatto di sperimentazioni e contaminazioni, frutto dei suo numerosi viaggi in cui ha catturato sonorità scaturite  dall’incontro con culture lontane come la musica  africana, brasiliana, medio-orientale, con i Nativi americani e con gli afro-americani.  In questo suo ultimo lavoro l’eclettico compositore e chitarrista osa di più. Usa la voce.  Per una volta va oltre le note, per cantare l’amore e denunciare a voce alta le nefandezze della società.  Senza mai spostare l’attenzione dalla chitarra, in quattro brani, è la voce ad accompagnare lo strumento e non viceversa.

“Il blues in questo album – spiega Onorato – è inteso come musica dell’anima, del sentimento, della rivalsa sociale. All’ interno c’è un solo brano che è un vero e proprio blues canonico, con le sue classiche 12 battute, il resto è musica composta da me che spazia tra vari generi musicali come il jazz, il rock, il folk, la bossa nova, la musica classica-sinfonica… però tutto parte sempre dalle mie origini, cioè da Napoli e dintorni. E qui mi collego al Vesuvio: una aperta manifestazione di appartenenza a questa terra magica, intrisa di energia e di storia.

In questo album c’è un elemento inedito, l’uso della voce. Come mai questa scelta?

ll tutto è avvenuto molto spontaneamente… seguo molto il mio istinto. E il mio istinto mi ha suggerito che era giunto il momento di utilizzare anche un altro strumento in mio possesso, la voce, per raccontare delle storie o comunicare i miei stati d’animo e farli arrivare a un numero maggiore di persone e nel contempo per far apprezzare anche a chi non la conosce, la bellezza della musica strumentale. Sia ben chiaro però che nel mio caso, la voce accompagna la mia chitarra che rimane sempre protagonista assoluta. Ad ogni modo è una specie di ritorno alla mia adolescenza… ho sempre suonato e cantato fino a 17/18 anni. Poi smisi perché quando andavamo a suonare la gente mi additava come “il cantante”, mentre io volevo essere invece “il chitarrista”. Subito dopo cominciai ad appassionarmi al jazz, che presuppone una conoscenza e uno studio dello strumento ancora più approfondito e quindi accantonai completamente il canto… ho comunque cercato sempre di “cantare” con la chitarra.

Sei uno sperimentatore e non smetti mai di stupire il tuo pubblico. In questo album lo hai fatto con “Where Are You?”…

Ho usato in questo brano una iPad Guitar ….credo che nessuno lo abbia fatto prima di me. Il risultato sonoro è molto interessante. Continuerò a sperimentare nuove possibilità di espressione sonora anche con questo nuovo strumento, così come ho fatto in passato e continuo a farlo con la breath guitar  e la guitar angel. In realtà quasi tutte le mie chitarre sono un po’ “truccate”, personalizzate…

Il brano “Casa rossa” è un tuo omaggio a Jimi Hendrix e poi c’è un omaggio, sentito, che riempie il cuore, quello a Rino Zurzolo, recentemente scomparso…

Jimi Hendrix è uno dei miei eroi della Musica, un alieno venuto chissà da quale pianeta o meglio un angelo caduto sulla terra. “Casa Rossa” è un omaggio al suo celebre brano,”Red House”, che per me rappresenta un masterpiece assoluto del blues. Ho cambiato il testo originale, sostituendolo con un mio testo in napoletano. La dedica a Rino Zurzolo con il brano “Senza mai sape’”, viene direttamente dal mio cuore. Era un fratello per me e gli ho voluto molto bene. Abbiamo fatto tanti concerti insieme. Uno dei più grandi contrabbassisti di tutti i tempi che ha dato molto alla Musica napoletana contemporanea.

> di Manuela Ragucci

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