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UNA CITTÀ SUL PENTAGRAMMA: LA PAROLA AGLI INTERPRETI

  24 Luglio 2017

Capone, Merolla, Sansone, Stella e gli altri: Napoli, la nostra eterna fonte di ispirazione musicale.

Non la solita musica! Una panoramica di Napoli fuori dai luoghi comuni, tante finestre con vista sullo stato dell’arte della musica a Napoli e sulla città, attraverso gli occhi di chi la musica la fa, la vive, vivendo di musica. 

Dario Candela

Napoli è un punto di partenza  dal quale bisogna necessariamente muoversi. Un musicista classico che vuole emergere deve andare altrove, purtroppo questa città non è né una vetrina internazionale, né un centro di cultura, ma è provincia della nazione. Non possiamo più illuderci della sua centralità, gli antichi fasti sono svaniti, ora è tutto concentrato a Milano. E’ anche vero che all’estero il solco della scuola napoletana è forte grazie al grande bacino da cui attingere per poter avere un’ottima formazione. Ad esempio, la mia formazione è napoletana in toto, ho studiato all’estero, a Parigi, ma con un maestro napoletano, Aldo Ciccolini e quindi la mia conoscenza del pianoforte si basa sulla grande tradizione napoletana. Abbiamo grosse potenzialità, ma siamo penalizzati a causa di una pessima organizzazione è per questo che siamo provinciali. Senza l’appoggio delle Istituzioni e senza grandi sponsor che investono in cultura, dobbiamo sforzarci il doppio per ottenere dei risultati. Devo ammettere con orgoglio che per il Piano City Napoli, che in Italia esiste solo qui e a Milano, siamo riusciti ad organizzare 200 eventi in tre giorni e questo significa che a Napoli ci sono 200 pianisti attivi sul territorio. Un bel numero da non sottovalutare.

Maurizio Capone

Napoli è una città originale, anarchica, il caos è ormai un’abitudine, ma non va non intesa nel senso negativo. Se si prende come esempio il caos vicino all’energia cosmica dell’universo, allora il napoletano ha il privilegio di vivere e sopravvivere al caos e di trarne spunto. Si ottiene un fatalismo che non è vittimismo, ma è tutto ciò che accade inaspettatamente, quindi proprio perché  inatteso genere attenzione, curiosità. La città fa questo. Molti luoghi comuni su Napoli sono veri e l’arte di arrangiarsi ha ispirato il mio modo di fare musica. Il sistema di adattarsi ha stimolato il mio approccio alla materia, sviluppando la mia strategia di artista–artigiano, dove artigiano è inteso come sound designer, poiché costruisco il suono attraverso nuovi strumenti. Non è il contrario. Penso al materiale in funzione al suono. Ritornando alla città, il raccogliere le cose della strada come l’ esperienza di utilizzare materiali riciclati è il frutto della mia duplice natura, quella animale, quindi selvaggia, legata al territorio alla natura e alla mia propensione alla costruzione.  Ambiente e costruzione sono legati dalla musica.

Lorenzo Hengeller

Sono sempre stato abituato a manifestare il mio amore, la mia passione per persone, luoghi o cose attraverso la critica o lo sfottò. Quando sfotto, critico o gioco, amo; questo vale anche per il mio rapporto con la città di Napoli… nel definirla una deriva esotica o una perversione geopolitica, io le ho confessato amore nel solo modo che conosco: il vocabolario del cinismo critico leggero! Che secondo me fa pure bene perché movimenta le circostanze. La musica che faccio nasce da Carosone, da Luttazzi e dal passato napoletano del teatro , della macchietta e poi dal jazz americano delle sale da ballo… da tutti questi ho tentato di rubare un modo di fare jazz, per me l’unico che ha senso oggi e cioè usarlo per fare tutto il resto nella musica; mettere lo swing in quello che si fa… anche nella vita; chi dice che le cose importanti si rivelano soltanto con una retorica importante e solenne, sta mentendo sapendo di mentire… del resto, c’è molto più da imparare sul pianoforte e sullo spirito della musica in un lazzo di Victor Borge che in un corso intero al conservatorio.

Mario Maglione

Nel campo della tradizione dei classici napoletani, non c’è un’educazione all’ascolto. E’ difficile avvicinare i giovani a questo genere perché manca la cultura. Si associano i classici napoletani alle canzoni strappalacrime, non è così, bisognerebbe avere più divulgazione e far comprendere la bellezza e la storia racchiusi in  testo di Bovio o di Murolo. Da quest’ultimo ho rubato l’eleganza, prerogativa necessaria per proporre questo tipo di repertorio. Come musicista ho bisogno di vivere la mia città, sarei potuto andare altrove, ma questa città, con i suoi problemi, ti fa arrabbiare. E’ un’amante capricciosa, ma allo stesso tempo, meravigliosa, perché ti da la possibilità di sfogare tutta quella rabbia nell’arte.

Ciccio Merolla

Sono nato a Napoli, non a Cuba, né in Brasile, dove i tamburi sono parte delle loro tradizioni musicali. Nei Quartieri Spagnoli, da piccolo, di tamburi non se ne vedeva nemmeno uno e allora ho iniziato a suonare tutti gli oggetti che mi capitavano, in casa, per strada. I primi suoni che ho studiato, analizzato, ricercato, sono quelli che la città mi offriva; anche quando scrivo canzoni lo faccio in napoletano, la mia lingua, perché è naturale. Quindi Napoli è il cuore pulsante di tutta la mia ricerca sonora, ma è un trampolino di partenza per andare lontano. Da un punto di vista musicale, Napoli vanta  nomi che davvero possono ritenersi i capisaldi di uno stile, penso a  Gegè Di Giacomo, Tullio De Piscopo, penso al Neapolitan power, che non sono etichette, sono pezzi di storia, della nostra storia musicale, però penso anche che ogni musicista per trovare l’ ispirazione e per crescere  ha il dovere di aprirsi, di guardare sempre oltre. La mia ricerca guarda al Medio Oriente, ai suoni tibetani, alle nenie marocchine, senza mai dimenticare il sound di questa terra,  perché con radici forti si va dappertutto.

Franco Ricciardi

Quello che non è mai cambiato in tutti questi anni di musica è il mio punto di partenza, la mia curiosità di percepire il nuovo. L’ho sempre fatto. Tutto intorno a noi si muove, Napoli non è la stessa di quando ho iniziato a fare musica, il territorio sta cambiando e anche il modo di ragionare si sta evolvendo. Nelle nuove generazioni tutto è più veloce, se dovessi spiegarlo a me stesso non lo comprenderei, invece lo vivo. Nella pratica, tutte le teorie diventano più semplici, questo si riflette anche nella società: il nostro tempo è un tempo difficile a cause delle guerre, con il terrorismo e tutte le brutture che ci circondano, ma nei momenti critici sembra esserci un ritorno ai valori, ai buoni sentimenti. Si cerca l’essenziale, perché è quello che conta. Per la musica è così, almeno nel mio modo di fare musica si  sta riflettendo questa esigenza forse comune, che va verso la ricerca della semplicità.

Daniele Sanzone

ho un rapporto così viscerale con il territorio tanto che il nome della mia band prende deriva dal quartiere in cui sono nato, ma anche da una  legge. ‘A67 significa la 167, la legge che ha originato l’edilizia popolare d’Italia e ha edificato  il nostro quartiere, Scampia. Siamo nati qui. L’obiettivo iniziale era quello di raccontare le problematiche di periferia che allora erano poco conosciute. C’era l’esigenza di identificarci col territorio per dire la nostra, ma dall’interno. La nostra musica – chiamatela Rock, Crossover o come vi pare – è stata prima un urlo di rabbia contro tutti,  poi l’urlo è diventato parola. Le parole, canzoni. Se non fossi nato a Scampia non avrei mai sentito l’esigenza di scrivere canzoni.

Elisabetta Serio

Croce e delizia essere napoletani. Saranno state le dominazioni passate e/o la spasmodica attesa del ‘masaniello’ di turno. Sta di fatto che quasi mai si sente dire che un ragazzo della periferia ha inventato qualcosa nel suo scantinato. Se è vero che i cicli energetici si esauriscono e che le crisi sono importanti per la crescita, sembra che noi napoletani non andiamo mai in crisi e abbiamo una riserva di “energia” inesauribile. Dovunque mi giro vedo iconografie della città da Totò a Pino, dalla pizza al mandolino. Io da napoletana mi sento ghettizzata e circoscritta dalla stessa potenza che la città esprime. Ciò che manca è l’internazionalizzazione dell’arte: esportiamo i nostri pupilli metafisici ma non assorbiamo molto dal mondo. E’ come quando ami incondizionatamente e non metti in discussione l’amore. Ciò accade per paura e per il senso di vacuità umano. Da napoletana muovo una critica d’amore, con lo sguardo che va oltre ciò che si ha allo scopo di migliorarlo, ‘infettarlo’, sporcarlo. Bisogna lanciare la monetina e lasciare entrare le novità.

Valentina Stella

Se non sei nato a Napoli non la puoi raccontare. Io la canto, perché la vivo. Non potrei fare altro che cantare, è la mia “Passione Eterna”, è la mia vita, la vita di una donna che conosce la sua terra, la sua gente, le sue speranze, i suoi amori felici o disperati. Per loro canto, perchè “sta gente è robba miae va ‘ncielo pure senza Dio pecchè pensa ca rimane cagnarrà”. Cerco di raccontare la città con le sue problematiche, coi i suoi difetti, la sua quotidianità, ma con uno sguardo pieno d’amore, come una figlia, come una madre, una sorella, una compagna di vita. Napoli è tutto questo per me e, nel bene e nel male, io canto di questo, la ripago cantando.

Franco Ricciardi: Cantautore

Elisabetta Serio: pianista compositrice

Ciccio Merolla  percussionista, compositore, etnorapper

Mario Maglione: chitarrista e  chansonnier

Valentina Stella: cantante e interprete

Lorenzo Hengeller : pianista, compositore e cantante

Maurizio Capone: percussionista, cantautore

Daniele Sansone: cantante,  leader del gruppo A67

Dario Candela: pianista, direttore artistico sezione classica di Piano City Napoli

Daniele Sepe: sassofonista e compositore

> di Manuela Ragucci

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