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SCUOTTO: FORMAZIONE PER USCIRE DALLA CRISI

  20 Luglio 2017

Parla il Vice Presidente Nazionale di Piccola Impresa Confindustria alla guida di Fondimpresa, il maggiore fondo italiano.

Bruno Scuotto, da oltre trent’anni amministratore unico della Scuotto impianti elettrici e tecnologici, vicepresidente nazionale della Piccola industria Confindustria con delega a education e formazione, da marzo 2017 guida il Fondo interprofessionale per la formazione continua gestito bilateralmente da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil. Si tratta della principale realtà del settore, con oltre 170 mila aziende aderenti per un totale di 4,3 milioni di lavoratori, 2,5 miliardi di attività finanziate in oltre 100 mila piani formativi realizzati in decine di migliaia di imprese che hanno avuto gli strumenti idonei per praticare la formazione come volano di sviluppo. “L’intervento di Fondimpresa – spiega Scuotto – riguarda realtà di ogni settore, dimensione e area geografica, coinvolte in corsi finalizzati alla competitività, con forte attenzione anche alle nuove frontiere dell’economia, come la sostenibilità ambientale, l’innovazione tecnologica e la salvaguardia del territorio, o alla riqualificazione delle competenze diventate obsolete, in gran numero, durante la crisi”.

La crisi ha colpito, in particolare, la piccola impresa?

Tutt’altro: paradossalmente la crisi ha evidenziato il loro peso nel sistema produttivo nazionale: se c’è un comparto che ha tenuto, con tutte le selezioni del caso, è quello dell’economia diffusa, delle piccole imprese, con pochi addetti e quindi flessibili, che hanno potuto operare delle riconversioni impossibili per le grandi aziende.

Aumenta, quindi, il contributo delle PMI alla formazione del PIL?

Certo, e non solo in termini percentuali, ma anche di lavoratori, perché se prima la piccola impresa rappresentava il 92% dell’economia nazionale, ma una quantità di addetti non significativa, oggi è cambiato anche questo dato. Ma va prestata attenzione alla loro fragilità, maggiore rispetto ad un sistema che riprende su basi del tutto nuove, ad iniziare dal mercato del lavoro. Diventa importante, da questo punto di vista, adeguare le richieste delle aziende, per metterle in condizione di crescere e fare la loro attività con successo.

A che cosa si riferisce?

Ad un’attenzione necessaria per le politiche di cambiamento: dopo tutte le grandi crisi economiche ci si ritrova con un mercato diverso perché è cambiato il modo di fare impresa e la stessa direzione di marcia. Poi, nello specifico, va portata avanti una costante e profonda azione di rinnovamento tecnologico: il 27% delle macchine utensili nelle aziende ha più di 20 anni e vuole rovesciare questa tendenza. Il piano del Governo Industria 4.0 va proprio in questa direzione, perché punta a stimolare gli investimenti in innovazione.

Per uscire dalla crisi quali sono le priorità per il Mezzogiorno

Metto al primo posto la valorizzazione di un capitale umano che qui, al Sud, è di alto spessore: la prova più evidente è che viene apprezzato al Nord e all’estero, dove occupa ruoli apicali. Ma anche valorizzazione degli assett, perché abbiamo una rappresentanza di eccellenza, anche se a macchia di leopardo, in grado di coniugare tradizione e innovazione.

Quali sono i settori su cui puntare?

Sicuramente abbiamo un patrimonio quale l’agroalimentare che viene da lontano e che costituisce, per numeri, il secondo comparto produttivo in Italia. Per ragioni naturali il Mezzogiorno si deve proporre come caposaldo e riferimento per questo comparto, anche per la spiccata propensione e tendenza e all’innovazione, innata nel settore, che coinvolge dal piccolo produttore alla grande distribuzione. Poi ci sono settori molto radicati in Campania e al Sud, come l’aerospazio e la cantieristica navale, con produzioni di eccellenza sulle quali si deve continuare a investire.

Che ruolo gioca la formazione in questa profonda trasformazione?

Un ruolo determinante: è il filo rosso che congiunge tutto: innovare e valorizzare sono tutti termini privi di significato se alla base non c’è l’itera filiera formativa, dall’Alternanza Scuola Lavoro alla formazione in ingresso, a tutta la parte, che ci coinvolge come Fondimpresa quale maggiore fondo in Italia, della formazione continua, un valore che non ha precedenti. Ma formazione è anche affrontare il problema delle eredità professionali: a fronte dell’alto tasso di disoccupazione e di dispersione scolastica può suonare come una bestemmia il fatto che per mancanza di ricambio di professioni in via di estinzione si supera l’1,5% di posti vacanti nelle imprese. Ecco, le sfide sono tante e ci coinvolgono direttamente come Fondimpresa ad essere partner proattivi e sostenere anche le politiche attive del lavoro rivolte a disoccupati, cassintegrati e neodiplomati, con una missione di life-long learning, ovvero apprendere per tutto il corso della vita.

>di Francesco Bellofatto 

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