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DALLA PIATTAFORMA DATABENC: IL FASCICOLO DEI BENI CULTURALI

  13 Luglio 2017

Il Presidente del Distretto Chianese: Nuove opportunità dalla conoscenza del nostro patrimonio.

DATABENC (Distretto ad Alta TecnologiA per i BENi Culturali) è una società consortile che nasce nel 2012 da un’idea dell’Università di Napoli Federico II e dall’Università di Salerno, con l’obiettivo di costruire una piattaforma integrata fatta di procedure, buone pratiche e tecnologie, rispondente al modello europeo di Smart Environment, capace di contribuire a risolvere alcune delle difficoltà in cui versa il nostro patrimonio culturale campano e nazionale. “Il nostro – spiega Angelo Chianese, presidente di Databenc – non è solo un progetto di catalogazione digitale, ma la più importante operazione sistemica e integrata per portare alla luce, grazie alle nuove tecnologie, il nostro patrimonio culturale per innescare una serie di aspetti socio-culturali importanti socio-culturale con ricadute anche di carattere economico”.

 

Qual è l’obiettivo immediato dei progetti Databenc?

Quello primario è la conoscenza, che apre nuove prospettive per i beni culturali. Penso ad una realtà importante quale quella dei Girolamini, dove non la mancanza di conoscenza del patrimonio non ha consentito finora di restituire alla Biblioteca ciò che le è stato sottratto. Ma mettere a disposizione di tutti l’esatta consistenza del nostro patrimonio apre prospettive straordinarie…

In che senso?

Sono due gli elementi portanti del nostro Stato: si regge sulla persona, sulle risorse umane, tutelate nella loro benessere. L’articolo 9 della Costituzione parla, invece, dei Beni culturali:

una risorsa importante che necessiterebbe di una sorta di carta d’identità, un “fascicolo dell’opera”. Attualmente, invece, non c’è un codice identificativo per garantirne la conservazione per le generazioni future. La piattaforma Databenc punta alla definizione di questo fascicolo con i dati necessari per accompagnare il bene con la sua storia e la sua consistenza.

Il patrimonio culturale è il nuovo petrolio…

Si, sono d’accordo, e al pari dei giacimenti petroliferi bisogna saper estrarlo. Quindi conoscenza, monitoraggio, interventi di tutela e definizione delle modalità di fruizione e conservazione. Databenc punta a questa visione sistemica e di approccio integrato ai beni culturali, intesi nel senso ampio del termine, quindi anche ambientali.

Quali sono le ricadute per l’economia?

Il nostro modello di informazione a rete è quello degli open data, mettendo a disposizione questa conoscenza di chi ne ha bisogno. Penso, dunque, a settori importanti quali l’industria culturale, che fabbrica contenuti; l’industria creativa, che utilizza questi contenuti per creare valore; e all’industria del turismo, che utilizza la conoscenza del patrimonio per definire processi di attrazione e costruire ricchezza attraverso la fruizione a 360° di nuove esperienze di visita e di mercato, penso al prodotto tipico, al made in Italy e all’artigianato di alta qualità. Un turismo che, attraverso nuove modalità di promozione, può crescere non solo nelle città d’arte ma anche nelle aree interne.

Il distretto punta soprattutto alla diffusione di innovazione nel settore…

L’esigenza del conoscere aiuta settori produttivi che hanno caratterizzazioni diverse a sviluppare tecnologia in base alle proprie esigenze. Penso ai restauratori, agli artigiani, ma anche agli operatori della filiera enogastronomica. Allo sviluppo di tecniche diagnostiche ed all’uso di nuovi materiali per il restauro, alle tecniche di monitoraggio e ad applicazioni informatiche per l’analisi dell’immagine e la valutazione dei danni. Il sistema deve essere in grado di individuare le migliori modalità conservative per le opere esposte alle intemperie o agli atti di vandalismo. Questo vale anche per la fruizione del Beni culturali, con modalità coinvolgenti per rendere coinvolgente la visita attraverso meccanismi di prossimità, sensori, comunicazione multimediale con nuovi linguaggi e tecnologie di visualizzazione legate adatte alla generazione dei nativi digitali. Questa visione va estesa, ed ha ricadute importanti, a tutto il contesto e la filiera produttiva del bene culturale, per migliorare l’offerta turistica, l’accoglienza e la stessa qualità della vita.

Può tracciare un bilancio di questi primi anni di attività?

Nel 2011 abbiamo risposto al bando MIUR per i distretti tecnologici, per andare oltre i modelli di distretti industriali e Centri di competenza. Il Distretto tecnologico mette in rete i mondi della ricerca e della produzione, per attuare il trasferimento tecnologico, lo sviluppo di prototipi e prodotti, quindi mercato e occupazione. Il nostro obiettivo è quello di giungere a uno sviluppo socio-economico generato attraverso l’autosostenibilità. Per questo motivo abbiamo una relazione costante con quattro atenei: L’Università Federico II di Napoli, quella di Salerno, il Suor Orsola Benincasa e la Parthenope, oltre al CNR e alcuni Centri di competenza. Infine la rete di PMI che vanno dal piccolo artigiano restauratore alla grande realtà che sviluppa tecnologia. Nel 2014 abbiamo presentato 4 progetti, dei quali due sono stati ammessi con decreto dal MIUR e altrettanti ritenuti cantierabili. Purtroppo le imprese che hanno partecipato alla ricerca e allo sviluppo pre-competitivo, ad oggi non hanno avuto alcuna erogazione di fondi. Oggi Databenc è presente con i suoi prototipi in molti musei napoletani, dal Maschio Angioino, con tecnologie che consentono alle opere di “raccontarsi” anche in cinese; ai Musei Diocesano e Filangieri, al Circolo Artistico Politecnico e alla chiesa dei SS. Filippo e Giacomo. In tutti questi luoghi, avvicinando lo smartphone alle opere si può navigare tra la loro storia e arte.

Progetti in cantiere?

Stiamo studiando un’App che mette in relazione a richiesta di visite guidate con le guide turistiche che possono erogare un servizio specialistico per competenza e lingua. Inoltre stiamo mettendo un’altra applicazione che consente ai crocieristi di programmare il loro shopping di qualità. Numerose anche le mostre realizzate, da “Il bello e il vero” 330 sculture esposte e 250 sensori per guidare i visitatori; “oltre il visibile” sui Campi Flegrei. Ma la cosa di cui vado particolarmente fiero è che grazie a Databenc sono venute alla luce e messe in condizione di essere fruite molte opere “negate”, relegate in depositi o uffici.

> di Francesco Bellofatto

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