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A bordo campo: La stagione 2016/2017 del Napoli, tra passato, presente e… futuro.

  21 Aprile 2017

Sono trascorsi già alcuni mesi dall’inizio della stagione, una stagione che dovrà confermare i progressi raggiunti rispetto a quella trascorsa, nella quale il centravanti argentino (di cui il tifoso non vuole neanche più sentire il nome…) ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo del progetto Napoli, con una dote di 36 reti messe a segno, che hanno fruttato la piazza d’onore e il diritto a partecipare al Champions League, dopo l’infelice esperienza di qualche anno fa, allorquando neanche la conquista di 12 punti consentì agli azzurri il passaggio agli ottavi di finale.

Le prime giornate hanno consegnato al neo centravanti polacco Milik le stimmate di giocatore perfettamente in grado di non far rimpiangere “il traditore”, forte di un atletismo giovane e ben strutturato, in grado di far salire la squadra in modo ottimale e, soprattutto, di finalizzare la grande mole di lavoro della stessa con un bottino di reti che ha fatto intravedere ottime potenzialità, almeno fino al momento del grave infortunio patito al legamento crociato, con il conseguente lungo stop, dal quale – grazie ad un lavoro di recupero dell’eccellente staff medico azzurro, abbinato alla non comune forza di volontà del ragazzo –  sta venendo fuori, grazie al suo ritorno in campo.

Tale imprevisto contrattempo ha reso il lavoro del maestro Sarri ancora più indirizzato alla ricerca di soluzioni alternative che dessero garanzie di buon gioco (suo marchio di fabbrica) e di risultati all’altezza delle aspettative di una piazza divenuta sempre più esigente, forte di una sequenza di piazzamenti europei di ben sette anni consecutivi.

Ecco che si è quindi giunti alla soluzione del tanto decantato “falso nueve”, individuato nel folletto belga Mertens, inventato dal tecnico di Figline Valdarno punta centrale dell’attacco azzurro, stante i ripetuti esperimenti fatti e falliti con Gabbiadini, rimesso sul mercato nella sessione di gennaio e ceduto al miglior offerente, pur fra mille tentennamenti del patron De Laurentiis, che nel filiforme e taciturno giocatore orobico ha sempre creduto (ed a suo tempo investito una cifra importante).

Con questa nuova formula, dopo un periodo iniziale stentato, i risultati hanno ripreso consistenza, riportando la squadra ai livelli di inizio torneo, il tutto nell’ebbrezza della doppia sfida con i campioni d’Europa ed intercontinentali del Real Madrid,  con la possibilità per il pubblico azzurro di confrontarsi con campioni acclamati e plurimedagliati come, in primis, CR7, al secolo Cristiano Ronaldo, al netto delle enormi difficoltà incontrate nel doppio confronto, figlie di un divario ancora molto marcato fra le due compagini, che ben riecheggiano la memorabile sentenza di Fabio Capello allorquando ebbe a definire il nostro campionato come “non allenante”.

La ripresa dell’attività – a tempo pieno – del gigante Milik, abbinata alla sempre maggiore confidenza con gli schemi sarriani del centravanti, maglia 32 (ex Genoa), Pavoletti, contribuiranno – dovranno contribuire – a dare sicuro lustro alle rinnovate ambizioni partenopee, ponendo il patron de Laurentiis di fronte all’annoso dilemma di confermare il trend di questi anni, migliorando costantemente la rosa del Napoli, così da renderla sempre più competitiva e, potenzialmente, capace di lottare seriamente per la conquista del titolo, piuttosto che continuare nella politica dei giovani, accrescendone il valore di mercato e, così, acquisendo plusvalenze dalle conseguenti cessioni.

Insomma, in questa stagione, nel suo divenire, il produttore cinematografico dovrà definitivamente sciogliere il nodo che tanto sta a cuore del tifo azzurro, decidendo sulla permanenza in organico dei pezzi migliori, così avvicinandosi ulteriormente al modello juventino, e non a quello di realtà periferiche (Udinese in primis), che mirano esclusivamente – attraverso il mantenimento della “categoria” – al mero business, modificando, anno per anno, l’assetto dell’undici in campo, forti di una tifoseria ridotta e non esigente.

Ecco, deve essere questa la strada da seguire per l’ulteriore e definitivo salto di qualità, al netto di una diversa e più efficace strategia volta al potenziamento del settore giovanile, senza la quale diminuiscono le possibilità di autofinanziamento e di reale crescita.

Di Antonio Luna

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