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Rubrica Cronache dalla Città: Un’indolenza antica…

  21 Febbraio 2020

Quando la disattenzione penalizza la qualità della vita.

E se la colpa fosse nostra?

Si insomma, se fossimo noi un popolaccio che per indole antropologica sussistesse coatto dentro? E se avessimo il gene di Barabba?

E se fosse la nostra un’indolenza antica, quella stigmatizzata da Eduardo nell’opera visionaria di quasi sessant’anni fa, lo sceneggiato tivù “Peppino Girella”, con la frase: «È sempre cos’ ‘e nient’.  A furia ‘e dicere “è cosa ‘e niente” siamo diventati cos’ ’e nient’?» a condannarci al disamore fisico verso la città?

Una disaffezione e indifferenza fisica, non culturale, perché a chiacchiere si è bravissimi, da quando nel 2008 Facebook ha connesso tutti in un Parlamento/Parlatorio/Pariamiento l’amore “de core” viene spiattellato ai quattro venti da mane a sera.

Con le foto del Vesuvio, Mergellina e Posillipo postate sui social potremmo riempire biblioteche immense. Immagini della tradizione, battaglie per la difesa della storia culinaria, indignazioni e sussulti in difesa della zeppola fritta contro la misera versione al forno, o per combattere i luoghi comuni usati dai giornalisti nazionali, che ottengono plausi e Like numerosi, perché il napoletano ha un cuore enorme, ma mani immobili e gambe atrofizzate nel rispondere al degrado di Partenope.

Uno degli esempi è la foto, che è pubblicata in pagina, dei cartelli viari che indicano l’ingresso in città da Agnano. All’incrocio tra via Beccadelli e via San Gennaro verso Pozzuoli, all’angolo di quello che una volta era il prestigioso Hotel San Germano, un viaggiatore sprovveduto senza i moderni navigatori elettronici non saprebbe dove andare.

Questa è una delle porte a nord per l’ingresso verso Bagnoli o Fuorigrotta, o svoltando a destra verso Pozzuoli e la spettacolare via San Gennaro con la magnifica vista su golfo e isole: possibile che non ci sia un addetto alla viabilità che si renda conto di una vergogna del genere e mandi un operaio con uno straccio a pulire? Non molto, una scala, uno straccio e del sapone.

E questo signore potrebbe essere lo stesso che la sera dibatte sui social contro gli arbitri incapaci di assegnarci un rigore?

E nel corso degli ultimi cinquant’anni non c’è stato un addetto alla sovrintendenza artistica che ha notato il danno gravissimo prodotto sulla facciata della Chiesa di San Domenico Soriano a piazza Dante? Un monumento storico eretto a fine ‘500, dove un improvvido e mal diretto muratore segò con un flex le piastre di ceramica – di probabile produzione del bravo ceramista, il frate architetto “Fra Nuvolo – col numero civico, sovrapponendovi una uguale di sgradevole marmetto bianco?

E un ennesimo funzionario che inviasse due pulitori con uno sgrassatore ChanteChier o MastroTinto per lavare i cristalli della stazione metrò/Dante?

Sono solo due esempi per stabilire che il pesce puzzerà pure dalla capa, ma anche dal corpo intermedio.

> di Francesco Di Domenico

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