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Ennio Cascetta e la visione del Porto di Napoli

  09 Gennaio 2017

L'intervista all'ordinario di Pianificazione dei Sistemi di Trasporto presso l’Università Federico II di Napoli e docente al Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Cambridge USA .

La riforma del Governo sull’accorpamento delle Autorità Portuali, che prevede in Campania un unico sistema di gestione dei porti di Napoli e Salerno (oltre a scali minori quali quelli di Castellammare di Stabia e di Torre Annunziata), è considerata quale un’occasione straordinaria di sviluppo economico per la regione e per una vasta area del Mezzogiorno, da Ennio Cascetta, dal 2000 al 2010 assessore regionale ai Trasporti e dal 2015 coordinatore della Struttura tecnica di Missione per l’indirizzo strategico, lo sviluppo delle infrastrutture e l’Alta Sorveglianza presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

«L’accorpamento delle Autorità Portuali – spiega Cascetta, ordinario di Pianificazione dei Sistemi di Trasporto presso l’Università Federico II di Napoli e docente al Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Cambridge USA – è solo uno dei molteplici aspetti di questa riforma e, a mio avviso, non il più importante. Il punto di partenza è la definizione di una visione e di una strategia complessiva che integra le diverse componenti modali e che restituisce coerenza interna a ciascun sottosistema, tra cui, appunto, il sistema portuale nazionale. Non può ignorarsi che nell’ultimo decennio si è assistito ad una deriva “municipalistica” in cui ciascuno sviluppava i suoi progetti senza un reale coordinamento con le iniziative degli altri porti».

 

Il porto di Napoli può diventare competitivo per contribuire alla crescita del Mezzogiorno?

Direi piuttosto che la crescita dell’economia meridionale, ma anche nazionale, non può prescindere da un sistema portuale competitivo. In Italia gli interscambi commerciali internazionali via mare ammontano a circa 220miliardi di euro all’anno e la cosiddetta “Blue Economy” occupa oltre 835mila addetti e vale 46miliardi di euro all’anno, pari a circa il 3% del Pil, per cui è impensabile che l’intero Paese possa rilanciarsi senza un sistema portuale competitivo. Il porto di Napoli ha certamente le carte in regola per essere competitivo, a patto che si rimetta in moto facendo gli investimenti necessari nei tempi giusti.

 

Secondo lei, nella prospettiva di un sistema portuale regionale, quali infrastrutture sono necessarie per rendere la Campania più competitiva?

La prima grande sfida riguarda la valorizzazione del patrimonio infrastrutturale esistente e un’adeguata manutenzione ordinaria e straordinaria. Per quanto concerne specificamente l’accessibilità “lato mare”, la nuova regolamentazione e semplificazione delle operazioni di dragaggio sarà utile a recuperare gap accumulatisi e ad evitare che se ne creino di nuovi. Molto importante sarà anche la finalizzazione dei lavori relativi alla Darsena di Levante. Il grande deficit infrastrutturale da colmare riguarda, però, le connessioni ferroviarie, a maggior ragione nel caso campano in cui vanno capitalizzate le opportunità di integrazione con il sistema interportuale.

 

Cosa si sente di dire a Spirito dopo la sua nomina a presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Tirreno Centrale?

Il sistema portuale campano ha le potenzialità giuste per ripartire e la riforma crea le condizioni per farlo. Bisogna lavorare innanzitutto affinché Napoli, Salerno e Castellammare possano realmente integrarsi.

 >Di Marco Altore

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