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Un filone a base di fritture

  20 Ottobre 2016

Breve tour storico-gastronomico alla ricerca della migliore pizza fritta del Vomero.

Mentre era al telefono con un amico, e intanto guardava in televisione il “Lorenzo” di Corrado Guzzanti che prendeva in giro Krist Novoselic, rimase all’improvviso senza parole. Non riusciva proprio a crederci. La gran parte dei suoi nuovi compagni dell’ultimo anno di Liceo non avevano mai fatto un filone. Durante l’adolescenza, queste, sono notizie che possono lasciare increduli. Cosa avrebbero ricordato vent’anni dopo, quando si sarebbero rincontrati, ognuno con le proprie vite, davanti a una birra? Impose, dunque, per il mercoledì successivo un tour tra le friggitorie del Vomero, una lunga maratona per valutare i pezzi più pregiati della rosticceria da asporto.

Di questi tempi potrebbe sembrare un’impresa facile, soprattutto grazie alle pizze fritte di Zia Esterina Sorbillo che, da poco, ha aperto un nuovo punto vendita alla fine di via Luca Giordano. E la parola pizza fritta non rende bene l’idea, visto che da Sorbillo, senza troppo scomporsi – in barba alle tre, piuttosto discutibili, ragioni svelate da Vittorio Blùm in un recente articolo su “Il Sole 24 ore” –, il palato può deliziarsi assaggiando sia la classica ricotta e cicoli, sia la sorprendente pizza con le polpette. Ma, agli inizi degli anni Novanta, gli “ideali culinari vomeresi” erano “l’uno contro l’altro armato”. Per dire, scegliere di frequentare la “Villa di Lucullo” o “Imperatore”, locali storici del quartiere, significava aderire, addirittura, a una determinata visione del mondo e della vita: da “Lucullo”, l’obbligo era il bastoncino prosciutto e formaggio, elitario e comodo; da “Imperatore”, spedendo la stessa cifra del bastoncino testé menzionato, il rituale prevedeva prima la frittatina e subito dopo il panino (che in realtà era una pasta cresciuta) con würstel e patatine. Chi metteva tutti d’accordo era, invece, la “Friggitoria Vomero” con i crocchè a cento lire o gli scagliozzi e le melanzane fritte a duecento lire. Se “Lucullo” e “Imperatore” furono costretti a chiudere per la concorrenza straniera del Mc Donald di via Scarlatti (la cui parabola non fu, comunque, troppo longeva), la “Friggitoria Vomero” gode a tutt’oggi di ottima salute. Così come, ancora adesso, promettono istanti di assoluto godimento le fritture di “Frien Frien” (formula dialettale che sta per “friggendo friggendo”), celebre per le pizze fritte di scarola, e de “La Padella” che, da quell’angolo di piazza Arenella in cui si congiunge con via Giacinto Gigante, continua a fare le migliori Montanare di sempre.

Si potrebbe continuare a lungo. Sennonché, il compito di chi scrive è solo offrire una breve rassegna di alcuni di quei sapori che hanno scandito, tra passato e presente, qualche piacevole meriggio. Del resto, affrontando siffatti temi, non si può davvero essere esaustivi poiché il soggetto, e il soggettivismo, anche in questi casi, è sovrano, malgrado, a voler credere, sia sempre in pericolo di finir sotto la “pioggia” insieme a un certo Ciacco.

> di Roberto Colonna

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