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Il ‘quinto Beatle’

  28 Aprile 2016

Il mondo del rock ricorda Sir George Martin,
il leggendario produttore del quartetto di Liverpool

Agli inizi dello scorso marzo è scomparso – all’età di 90 anni – Sir George Martin, il leggendario produttore dei Beatles. «Se c’è una sola persona che si può fregiare del titolo di ‘quinto Beatle’ quella è senza dubbio George Martin. Per me è stato come un secondo padre. È la personalità musicale più straordinaria che abbia mai avuto il privilegio di conoscere» ha commentato Sir Paul McCartney in un suo messaggio su Facebook.

Quincy Jones, Phil Spector, Brian Eno, Chris Thomas, Eddie Kramer, Nigel Godrich, Trevorn Horn, Steve Lipson e Mark Ronson sono solo alcuni dei più straordinari produttori e arrangiatori della storia del pop-rock internazionale. Nonostante la loro indiscussa grandezza, nessuno di questi producers ha generato un impatto creativo, discografico e sociale paragonabile a quello di Sir Martin.

Risulta praticamente impossibile scindere la figura di Martin da quella di John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr. Produttore e direttore artistico della Parlophone Records, piccola ma vivace consociata del gruppo EMI, nel 1962 dimostrò un interesse per il sound dei Beatles: la curiosità espressa da Martin per quei quattro giovani musicisti si tradusse in un incontro – fissato per il 6 giugno 1962 – durante il quale il produttore avrebbe conosciuto il quartetto di Liverpool nei londinesi EMI Studios di Abbey Road. L’immediata simpatia che legò i Beatles a Martin nascondeva, però, l’ingrata prospettiva di dover sostituire Pete Best, ritenuto dal produttore londinese non perfettamente integrato nel sound complessivo del quartetto. Si decise di convocare Richard Starkey, in arte Ringo Starr. Ed è stato proprio il batterista del quartetto ad annunciare – con un tweet – la notizia della scomparsa di Martin lo scorso 10 marzo.

Nel corso degli anni, George Martin si sarebbe trasformato nell’unico, autentico “quinto Beatle”: il suo contributo all’interno della macchina-Beatles è indiscutibile, in termini di qualità e forza artistica. Oltre 700 dischi prodotti, più di venti singoli al primo posto delle charts statunitensi, trenta dischi a 45 giri in testa alle classifiche inglesi, il cavalierato e il titolo di ‘Sir’ conferitigli dalla Regina Elisabetta II, una nomination all’Oscar per la soundtrack di A Hard Day’s Night, una colonna sonora ‘al servizio di James Bond’ nel 1973 con Live and Let Die, la splendida composizione Theme One per i Van Der Graaf Generator, la produzione di dischi leggendari degli America e dei Bee Gees, la versione di Candle in the Wind realizzata con Elton John nel ricordo di Lady Diana, l’album del commiato In My Life e l’ennesimo Grammy Award conquistato negli anni Duemila per il gigantesco e innovativo collage sonoro “Love”, in scena a Las Vegas: questi i numeri di una carriera straordinaria.

Il suo disco dei Beatles preferito era “Abbey Road”, che prendeva il titolo proprio da quel luogo che aveva fatto da sfondo all’incontro con i Beatles.

«Sono rimasto piuttosto sorpreso quando Paul mi ha telefonato dicendo: ‘Stiamo per fare un altro disco: ti piacerebbe produrlo?’. Ho risposto subito: ‘Solo se mi lasciate produrlo come ai vecchi tempi’. E lui: ‘Lo faremo, lo vogliamo’»: il ricordo del ‘quinto Beatle’ per eccellenza, George Martin, testimonia il desiderio dei Beatles di voler intraprendere un nuovo, ambizioso progetto musicale. Il miracolo avvenne: incredibilmente, Abbey Road risultò essere uno dei migliori lavori discografici dell’intera produzione della band. Inequivocabilmente intenso ed incisivo, l’ultimo 33 giri registrato dal quartetto di Liverpool è caratterizzato da una straordinaria compattezza espressiva: questi elementi hanno trasformato Abbey Road nel progetto “collettivo” più importante per i Beatles, accanto a Sgt. Pepper, Revolver e Rubber Soul.

Michelangelo iossa

Michelangelo Iossa è giornalista, scrittore e ricercatore universitario. E’ uno dei maggiori studiosi italiani del fenomeno-Beatles. Tra il 2003 e il 2011 ha firmato alcuni fortunati libri: “The Beatles” (2003 – con Roberto Caselli), “Le Canzoni dei Beatles” (2004), “Gli Ultimi Giorni di Lennon” (2005), “Le Canzoni di George Harrison” (2006) e “Paul McCartney a Napoli” (2011 – con Carmine Aymone). “LOVE – Le canzoni d’Amore dei Beatles”, il suo più recente volume, propone una critica ragionata dei brani più amati della discografia ufficiale dei Fab Four con traduzioni in italiano.


Di Michelangelo Iossa

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