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nazionali via mare ammontano a circa 220miliardi di             infrastrutturale da colmare riguarda, però, le connes-
euro all’anno e la cosiddetta “Blue Economy” occupa             sioni ferroviarie, a maggior ragione nel caso campano
oltre 835mila addetti e vale 46miliardi di euro all’anno,       in cui vanno capitalizzate le opportunità di integrazio-
pari a circa il 3% del Pil, per cui è impensabile che           ne con il sistema interportuale.
l’intero Paese possa rilanciarsi senza un sistema por-
tuale competitivo. Il porto di Napoli ha certamente le          Cosa si sente di dire a Pietro Spirito, designato
carte in regola per essere competitivo, a patto che si          dal ministro Delrio quale presidente dell’Autorità
rimetta in moto facendo gli investimenti necessari nei          di Sistema Portuale del Tirreno Centrale?
tempi giusti.                                                   Il sistema portuale campano ha le potenzialità giuste
                                                                per ripartire e la riforma crea le condizioni per farlo.
Secondo lei, nella prospettiva di un sistema por-               Bisogna lavorare innanzitutto affinché Napoli, Salerno
tuale regionale, quali infrastrutture sono neces-               e Castellammare possano realmente integrarsi.
sarie per rendere la Campania più competitiva?
La prima grande sfida riguarda la valorizzazione del
patrimonio infrastrutturale esistente e un’adeguata
manutenzione ordinaria e straordinaria. Per quanto
concerne specificamente l’accessibilità “lato mare”,
la nuova regolamentazione e semplificazione delle
operazioni di dragaggio sarà utile a recuperare gap
accumulatisi e ad evitare che se ne creino di nuovi.
Molto importante sarà anche la finalizzazione dei la-
vori relativi alla Darsena di Levante. Il grande deficit

FLOTTA, SPORT, POLITICA: LA NAPOLI DEL COMANDANTE

Parlare del porto di Napoli, del suo approdo al centro del Mediterraneo, richiama alla

mente il “comandante”, il personaggio che più di ogni altro ha identificato il rapporto tra

i napoletani e il mare. L’ultimo piano del suo palazzo, prospicente via Marina (che una

volta ospitava anche la redazione del quotidiano Roma, ed oggi è stato trasformato nel

modernissimo Romeo Hotel), era la tolda dalla quale controllava tutti i movimenti delle

sue navi.

Achille Lauro, sorrentino, è stato il fondatore della Flotta che porta il nome della sua

famiglia, una delle più potenti flotte italiane di tutti i tempi e tra le più importanti aziende

del Meridione, nonché di un vero e proprio impero finanziario caratterizzato dalla com-

partecipazione alle sue attività da parte dei suoi dipendenti.

Sindaco di Napoli, presidente del Napoli Calcio, la fortuna di Lauro risale agli anni ’20

del secolo scorso, con l’acquisto della nave Iris, la prima di altre sei “sorelle”; in breve

la flotta divenne la più grande del Mediterraneo di tutti i tempi. Già prima della Seconda

guerra mondiale il “Comandante” possedeva ben 56 cargo, quasi tutti catturati o distrut-          Achille Lauro
ti durante il conflitto, in particolare dai bombardamenti che colpirono il porto di Napoli.

Nel 1947 Achille Lauro fu costretto a ripartire da zero, trasformando tre navi da carico

e destinandole al trasporto degli emigranti, in particolare verso il Sud America e l’Australia. Seguirono, negli anni ’50, i primi tran-

satlantici, fino a giungere alle due ammiraglie, l’Angelina Lauro e l’Achille Lauro, dedicate al mercato crocieristico. Il “Comandante”

morì nel 1978 e due anni dopo la Lauro Lines entrò in fallimento. Fu venduta alla MSC che ribattezzò la flotta prima “Starlauro” e poi

“Mediterranean Shipping Company”. 								                                                                       Marco Altore

                                                                                                                 17
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