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Napoli è Donna: Donna, Napoli, Cinema

  30 Luglio 2019

Quando ai primissimi del secolo il cinematografo ancora stentava ad imporsi all’attenzione degli intellettuali e di un pubblico più colto, la maestra Elvira Coda, nativa di Salerno, non sapeva ancora che sarebbe diventata una delle più note e apprezzate pioniere del cinema. Nel 1909, insieme al marito Nicola Notari, fonda la Dora Film, eseguendo “cinematografie” che hanno segnato la storia del cinema partenopeo e internazionale, soprattutto a partire dalle sceneggiate rese popolari dalla Festa di Piedigrotta. Tra gli anni Dieci e Venti, Elvira Notari dà un’impronta precisa al suo cinema, abile com’è tanto nella mise en scène quanto nella formazione degli attori del cinematografo, per i quali crea una vera e propria scuola. Da maestra di recitazione, troverà una sorta di alter ego in Rosè Angione, attrice protagonista di molti suoi film. Le storie raccontate da Elvira sono storie di donne, i cui corpi si stagliano sullo sfondo di luoghi simbolo e paesaggi napoletani: il vicolo, il basso, la finestrella oppure il corso, il lungomare, le balconate a festa. Pochissimi dei suoi film al femminile sono sopravvissuti al tempo, ma l’abito bianco macchiato di sangue di Nanninella nel finale di ‘A santanotte (1922) è assurto a icona di una città, generosa e genuina, martoriata da istinti brutali. L’abito nuziale e lo scialle, sono attributi di una femminilità cangiante, l’angelo e la tentatrice. Lo scialle napoletano, presente in tante canzoni classiche (‘O scialle, ‘A Luciana), è protagonista anche nel finale tragico della sciagurata Margaretella in E’ piccirella (1922).

Quello scialle con le frange, ricco, sontuoso, che copre e scopre, che attrae e respinge, era già stato adoperato dalla grande Francesca Bertini in Assunta Spina (1915), una delle figure più tragiche del teatro napoletano. L’apertura del film, con il corpo della Bertini avvolto nello scialle ricamato sovrimpresso sul paesaggio del golfo, ci ricorda il legame profondo tra la bellezza femminile e il corpo della città, quel ventre raccontato da Matilde Serao, tellurico ma magmatico, in costante fibrillazione.

All’uscita dalla Seconda Guerra Mondiale, la Napoli milionaria di Eduardo partorisce un altro personaggio femminile dalla lunga e florida vita, Filomena Marturano. Titina, Regina Bianchi sono le indimenticabili interpreti di un ruolo che rende protagonista la donna, la madre, spostando l’ottica da quanto questa figura aveva significato per il regime fascista: non più garante di stabilità, ma incarnazione di una dinamicità e di un rinnovamento necessari. Al cinema ricordiamo anche Sofia Loren, ma avremmo voluto vedere in questo ruolo la Nannarella nazionale, quell’Anna Magnani che con Eduardo ha interpretato nel 1948 proprio Assunta Spina, a riprova di una Napoli che ha sempre accolto e generato personaggi femminili fuori norma, complessi, difficili da gestire per la società, come tante attrici, Magnani in testa, che hanno dato vita a donne indimenticabili.

Non ultimo, si staglia nel panorama caotico, nel sali e scendi della città marina e collinare, il corpo fasciato di rosso di Delia-Anna Bonaiuto in L’amore molesto, partorito dal binomio Ferrante-Martone, un personaggio degli anni Novanta di cui attendiamo, con apprensione, una degna erede.

> di Anna Masecchia

* Professore di Storia e Teorie del Cinema

Università di Napoli Federico I

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