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Erri De Luca, lettera al figlio mai avuto

  11 Gennaio 2019

Lo scrittore parla del suo rapporto con Napoli e del suo ultimo libro

A Napoli per il suo ultimo libro “Il giro dell’oca” (Feltrinelli), Erri De Luca ci conduce nel cuore della sua scrittura, tra le pieghe del processo creativo da cui nascono i suoi romanzi.

Lo scrittore ci racconta innanzitutto il suo legame con la città partenopea: “l’unico luogo in cui mi sento davvero a casa. Sono figlio di questa città. A casa mia sono piuttosto un inquilino. Sento di dover chiedere permesso. Qui invece riconosco le mie origini. Tutti i miei centimetri li ho guadagnati qui”.

Ci porta così nelle sue sere, nella casa di campagna di Bracciano, accanto al tavolo dove nascono le sue storie. “A quel tavolo dove passo le mie brevi sere, succedono i miei incontri, si affollano persone”. E in una di queste sere Erri De Luca ha incontrato il figlio che non ha avuto e ha parlato con lui: “è nato così questo dialogo impossibile, che più cresce e più è fisicamente realizzato. Una storia scritta nel suo fluire dall’inizio alla fine”.

Si sono detti tante cose padre e figlio, scambiandosi talvolta i ruoli tra chi insegna e chi apprende. È toccato al figlio spiegare al padre la sua visione del mondo, secondo la quale un accorto lanciatore di dadi ci guida alla casella finale. Il gioco dell’oca metafora del percorso della vita.

“Quando scrivo mi limito a registrare le voci dei miei personaggi, presenze revocate dal passato, costrette a vivere con me per il tempo che dura la mia storia. Questa volta però non è andata così”.

Ascolteremo, infatti, una voce venuta a parlargli dal futuro e a medicare una ferita.

> di Vincenza Alfano

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