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RUBRICA: CRONACHE DALLA CITTÀ

  07 Maggio 2018

Palazzo Fuga, potrebbe essere il nostro Beauborg.

“Voi ragionate in minuti, noi in secoli”, ebbe a dire a noi occidentali, tanto tempo fa, un cinese.

Per Napoli non vale, anche qui ci si muove in tempi lenti, così dilazionati che quando arriva l’abbiamo già digerita o siamo invecchiati da non poterne godere appieno.

La metrò napoletana cominciò i suoi lavori quaranta anni fa, proprio mentre a Parigi veniva inaugurato il Beauborg, deciso, progettato e realizzato in sei anni. Intanto però, lentamente, stanno sedimentando monumenti straordinari come la bella stazione di Zaha Hadid, la meraviglia di Anish Kapoor a Monte Sant’Angelo, e le altre stazioni, diventate motore di bellezza e cultura, e – forse – la geniale cupola di Fucksas a piazza Nicola Amore – semmai si troveranno i fondi -, e la lentezza, burocratica, decisionale o economica, fa sì che nel corso dell’edificazione vi siano polemiche continue sull’opportunità o meno di un’opera.

Immaginiamo cosa sarebbe diventato il Centre Pompidou, opera visionaria oggi diventato uno dei tre poli di attrazione culturale del mondo, se fosse stato costruito con la stessa indolenza nostrana – si badi che alla morte di Pompidou, che lo volle, Giscard D’Estaing succedutigli voleva bloccarlo, fu lo stesso suo premier Chirac a farla realizzare velocemente, non era questione politica ma di visione personale e cultura visionaria. Oggi il Beauborg è anche un’ope-razione economica valida.

E se usassimo la velocità francese e la nostra intelligenza per fare in quattro e quattr’otto un progetto culturale-commerciale che facesse di Palazzo Fuga un monumento vero, polo di attrazione e risorsa economica coinvolgendo gli imprenditori senza avere lo snobismo di Venere verso questi ultimi?

È partita già da qualche parte l’idea di un “Louvre napoletano”, impresa bella e visionaria ma non praticabile economicamente se non si coinvolge l’impresa privata e il suo tornaconto economico, un Beauborg napoletano, con commercio di lusso e offerta culturale potrebbe funzionare, e avere tempi rapidi, l’impresa privata non ha lentezze politiche.

> di Francesco Di Domenico, Scrittore

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