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TONI DI BRACCIALETTI ROSSI: DIAMO VOCE A CHI SOFFRE

  14 Aprile 2017

Parla Pio Luigi Pisciscelli, tra i protagonisti della serie TV realizzata in ospedale.

A vederlo, ritrovi subito Toni, uno dei protagonisti di “Braccialetti Rossi”, la versione italiana della serie catalana di grande successo “Polseres vermelles”, coprodotta da Rai e Palomar, affidata alla regia di Giacomo Campiotti e giunta alla sua terza edizione. Toni, ricoverato in ospedale dopo un incidente in moto, e rimasto come infermiere per stare vicino ai suoi amici, è simpatico, ironico e pronto alla battuta. E Pio Luigi Piscicelli, l’attore che lo interpreta, è esattamente così. Soprattutto altruista, in grado in entrare in empatia con chi gli sta vicino.

Da piccolo, Pio sognava di fare il sacerdote. Ma poi ha seguito un’altra vocazione, seguendo una passione di famiglia: la madre, infatti, faceva parte di una compagnia teatrale amatoriale, mentre il padre è autore di testi umoristici. Il primo set, dunque, in famiglia, con un video sulla Passione di Cristo. Tutto fatto in casa: la spalliera del letto che diventa la Croce, i cugini comprimari e il padre reclutato come cineoperatore. “Per puro caso – racconta Pio Luigi Piscicelli – questo video finisce nelle mani di un regista, che mi chiede di partecipare ad una sua commedia. Da lì è iniziato tutto, spinto soprattutto da una forte passione per la recitazione”.

Pio Luigi frequenta il liceo linguistico Pitagora di Torre Annunziata. Buona parte però della sua preparazione la deve curare durante le trasferte per le riprese. Insieme al percorso scolastico, come detto, Pio Luigi coltiva la sua crescita teatrale, studiando le commedie di Eduardo De Filippo, i film con Totò e di Massimo Troisi, la passione per la musica (ama suonare il pianoforte) e il disegno.

I genitori intuiscono che la sua grande passione per la recitazione deve essere coltivata e lo affidano alla scuola di teatro “La Ribalta” di Castellammare di Stabia, diretta da Marianna Di Martino. Il talento innato di Piscicelli viene subito notato dagli addetti ai lavori, ed a 12 anni lo troviamo in “Pupetta, il coraggio e la passione” prodotto da Mediaset con Manuela Arcuri. Poi, altre partecipazioni con alcune scene di “Gomorra-La serie” per Sky, e “Song’e Napule” con Beppe Servillo e Gianpaolo Morelli. Infine, il ruolo da protagonista in “Braccialetti Rosi”: “entrare nel cast della fiction – racconta Pio Luigi – è stata una delle esperienze più belle che abbia vissuto. E’ stato come un sogno avverato in pochi mesi. Dopo aver fatto vari provini a Roma, un giorno il telefono ha squillato e mi sono ritrovato in una storia fantastica ed emozionante”.

Quali sono i lati del tuo carattere che ti accomunano al personaggio che interpreti?

Con Toni sento di avere molte caratteristiche in comune, tanto è vero che nella mia vita reale faccio cose che sembrano parte del film. Con lui condivido l’ironia, la capacità di sdrammatizzare e l’ottimismo. Nei lunghi ed impegnativi mesi trascorsi in una struttura sanitaria di Fasano, in provincia di Brindisi, dove si intrecciano le vite di sei ragazzi, è nato con tutto il cast un bellissimo rapporto di amicizia.

E invece cosa ti ha dato il personaggio di Toni?

La stravaganza e il carattere goliardico: il personaggio che interpreto mi ha insegnato molto, come la possibilità di stemperare i problemi attraverso il carattere scherzoso e l’ironia; ma Toni è anche più meticoloso e attento di me, che sono un po’ distratto.

Raccontaci di Toni…

Per lui è importante il servizio agli altri, che scopre stando vicino al nonno: così inizia a studiare, soprattutto per creare un legame tra i braccialetti rossi, compito che gli viene delegato dal suo amico Davide, morto nella prima serie, che solamente Toni riesce a vedere. Ha una capacità di comunicare con le persone che sono nell’aldilà o tra la vita e la morte, come nel caso di Rocco.

Perché è importante questa serie?

Perché racconta una realtà molto umana, che solo chi l’ha vissuta può comprenderla a fondo, come lo scrittore Albert Espinosa, autore del libro che ha ispirato la serie, che è stato in ospedale tra i 5 e i 35 anni in ospedale. Lui ha vissuto questa esperienza e la racconta con grande leggerezza. Come quando va in albergo e c’è una sola presa per la corrente, non sa se collegare la gamba finta o il cellulare. Il messaggio di Braccialetti Rossi è proprio questo: capire che c’è una dimensione di persone che, anche nelle nostre famiglie, soffrono, ed è anche naturale stare vicino a loro. Bisogna umanizzare la malattia

Come spieghi il successo di Braccialetti Rossi?

Prima di tutto devo dire che la Rai, Palomar e il regista Giacomo Campiotti sono stati molto coraggiosi a mandare in onda questa serie. Il successo di pubblico ci ha premiati, ed è stupefacente vedere come sono soprattutto i ragazza a seguirci e ad invitare i genitori a guardarla. La sofferenza non è solo di chi vive la malattia in prima persona la malattia, ma anche di chi assiste. Gli adulti che vivono in prima persona l’assistenza di un familiare malato spesso hanno difficoltà ad empatizzare con la serie.

Cosa ti ha dato questa esperienza?

Il personaggio di Toni mi ha dato molto come capacità di risolvere i problemi e di stemperare la tensione, anche nei momenti più difficili. Poi siamo diventati i beniamini dei ragazzi malati che ci contattano attraverso i social e ci ringraziano per aver riportato fedelmente la loro condizione in ospedale. Ecco, il messaggio di Braccialetti Rossi è proprio questo: prendere esempio da queste persone che soffrono e che trovano il coraggio per affrontare la loro malattia.

> di Andrea Grillo

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